POSITIVISMO, NATURALISMO E VERISMO

Dopo l'Unità (1861) la cultura italiana sarà combattuta fra fenomeni di crisi intellettuale e politica, emblematizzata dalla Scapigliatura, e testimonianze di grande ricerca storiografica e poetica come quelle di De Sanctis e Carducci. Un'apertura alle novità europee verrà con il lavoro di Verga e la nascita, intorno agli anni '80, del verismo, parallela allo sviluppo della filosofia positivista. A cavallo fra Otto e Novecento l'opera di Pascoli e di D'Annunzio coronerà il decadentismo italiano, diventando il modello di una lezione poetica che in modo diverso condizionerà tutta la produzione della letteratura novecentesca.

Italia postunitaria

Nonostante ritardi e limiti, l'Italia degli anni settanta e ottanta si avvia verso uno sviluppo capitalistico mederno e verso l'industrializzazione.
Schematizzando, si possono individuare tre titpi di atteggiamenti degli scrittori di fronte alla modernizzazione economica e sociale:

  1. un atteggiamento apologetico, che inneggia ad essa come realizzazione del progresso;
  2. un atteggiamento di rifiuto romantico, in nome dei valori del passato;
  3. un atteggiamento di curiosità conoscitiva, che non esalta e non condanna, ma indaga i cambiamenti in modo distaccato, senza slanci verso il futuro né ripiegamenti nostalgici verso il passato.

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L'età postunitaria (XIX secolo): strutture politico-economiche; struttura sociale italiana; intellettuali e ideologie; le ideologie politiche; le istituzioni culturali in Italia; istruzione scolastica; intellettuali e pubblico; diffusione della lingua nazionale; generi e forme della letteratura in Italia

Giosuè Carducci

 Nobel per la Letteratura (1906)

[...] La sua fama, dapprima alquanto ristretta e collegata anche al suo fiero anticlericalismo e alla sua impetuosa avversione al governo dei moderati, si andò via via consolidando: a partire dai primi anni dopo il 1870, cioè dalle Primavere elleniche e da un volumetto di Nuove poesie (del 1873), cioè da quando raggiunse la maturità dell'arte, la fama diventò gloria, sempre più piena e incontrastata. [...] (1)

Di Carducci è stata fissata da una tradizione critica, soprattutto per influenza di Croce, l'immagine del poeta integralmente "sano", immune dalla "malattia" romantica che corrodeva tanti altri scrittori della sua età, l'immagine del cantore di tutte le forze operose e positive, ispirato da una visione della vita serane e forte, virile. [...] Dalle indagini della critica successiva è emersa invece, al di là di tanta esteriorià celebrativa ed erudita, di tanta enfasi retorica classicheggiante, la fisionomia di un poeta sostanzialmente tardoromantico, per nulla immune dalla "malattia" interiore della sua epoca, che si aggrappa a un sogno di "sanità" classica e pagana solo per esorcizzare le inquietudini e le angosce che lo assillano, e che quindi assume il mondo antico come termine di un'evasione di tipo esotizzante dal presente squallido e mediocre della civiltà borghese e industriale. (2)

[...] Carducci nei Giambi ed Epodi citò [lo scrittore latino Giovenale] a modello.(3)

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Idillio maremmano: analisi interattiva

Palestra Cloudschooling*

Test interattivo su Giosuè Carducci

Naturalismo

In concomitanza con le formulazioni teoriche del Positivismo, si affermarono nella letteratura europea della seconda metà dell'Ottocento le poetiche del Naturalismo (in Francia) e del Verismo (in Italia), che possono essere considerate prosecuzioni e sviluppi del Realismo degli anni trenta dell'Ottocento. Questo termine indica la tendenza del genere romanzo a rappresentare la realtà in maneira concreta e oggettiva.
I capiscuola della narrativa realista furono Stendhal (1818-1842) e Honoré de Balzac (1799-1850) in Francia e Charles Dickens (1812-1870) in Inghilterra. (...) Il continuatore e innovatore del Realismo narrativo, e per certi versi, l'iniziatore del Naturalismo fu il francese Gustave Flaubert (1821-1880) (...) egli introdusse due importanti novità: la focalizzazione interna ai personaggi e l'impersonalità del narratore (...) Il massimo esponente [fu] Émile Zola, [ma] fra gli altri scrittori naturalisti vanno ricordati i fratelli Goncourt e Guy de Maupassant. (...)
[Secondo i Naturalisti] la letteratura ha il compito di rivelare la vera natura umana e far capire a un ampio pubblico (...) come essa sia determinata da una serie di fattori, a cominciare dall'ambiente in cui un individuo è nato e cresciuto. Fra questi fattori un ruolo preminente spetta allo sviluppo industriale, giudicato responsabile di squilibri sociali, sfruttamento e povertà e abbrutimento del proletariato, costretto a vivere nella realtà degradata dei bassifondi di Parigi. La battaglia del Naturalismo era animata dalla fiducia, tutta positivista, di risvegliare le coscienze e creare le premesse per un miglioramento sociale delle classi subalterne.

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Il Naturalismo

Zolà

Fu uno scrittore francese (Parigi 1840 - ivi 1902). Affermatosi dapprima come critico d'arte, difese l'impressionismo. Teorico del naturalismo, ne offrì un modello esemplare nella sua opera narrativa: da Teresa Raquin (1868) al ciclo Les Rougon-Macquart, histoire naturelle et sociale d'une famille sous le Second Empire (1871-93), che comprende L'assommoir (1877) e Germinal (1885), i romanzi di Z. costituiscono un immenso affresco della società del tempo, osservata con rigore scientifico e con una scrupolosa ricognizione storica, sociologica, linguistica. Di convinzioni repubblicane, nell'affaire Dreyfus Z. prese posizione a favore dell'innocente: celebre è la lettera aperta nota con il titolo J'accuse (1898).

Verismo

In Italia le idee positiviste e la poetica del Naturalismo ebbero grande risonanza. I principali scrittori italiani apprezzarono molto l'opera di Émile Zola e, in particolare, il fatto che vi fossero rappresentati crticamente i mali e le contraddizioni della società francese. Dalle suggestioni dei romanzi zoliani sorse così il movimento del Verismo, attivo a partire dagli anni Settanta circa. Il principale centro di diffusione del Verismo fu Milano, dove il dibattito sulle trasformazioni economiche e sociali innescate dal processo di unificazione territoriale italiano era più vivo. I maggiori esponenti del Verismo, tuttavia furono meridionali, giacché era nel sud che si riscontravano on maniera più macroscopica quelle condizioni di arretratezza e di degrado che i versiti intendevano fare oggetto della loro narrazione; in particolare si distinsero due autori siciliani, Luigi Capuana e Giovanni Verga, e il napoletano Federico De Roberto.

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Mappa concettuale sul verismo

Luigi Capuana

Fu uno scrittore italiano (Mineo 1839 - Catania 1915), prof. nell'Istituto superiore di magistero in Roma e poi (1902) nell'univ. di Catania. Esordì come poeta, ma la sua attività si volse ben presto alla critica letteraria e alla narrativa. In quella egli occupa un posto notevole non solo per l'acutezza e sensibilità del gusto che, formatosi sul De Sanctis, giovò a scrittori come Verga e Pirandello nel trovare la loro via, ma per il vigore con cui propugnò, primo in Italia, il romanzo naturalista (Studi sulla letteratura contemporanea, prima serie, 1880; seconda serie, 1882; Gli "ismi" contemporanei, 1898; ecc.). Come narratore, nelle sue numerose novelle (Le paesane, 1894; Nuove paesane, 1898; ecc.), e nei romanzi (Giacinta, 1879; Profumo, 1890; Il Marchese di Roccaverdina, 1902, il migliore), lo studio di psicologia e di casi d'eccezione lo fa spesso rimanere sul piano della curiosità scientifica, ma un'arguzia, poi, tutta paesana lo porta a una felice caratterizzazione di figure e ambienti di provincia. Il C. è anche autore di favole e racconti per ragazzi.

Giovanni Verga

Giovanni Verga (Catania 1840 - ivi 1922) è il principale rappresentante del Verismo italiano. La poetica verghiana è fortemente pessimista e nega ogni possibilità di miglioramento sociale. I protagonisti della sua produzione sono soprattutto gli umili, come dimostra il suo capolavoro I Malavoglia, anche se l'intento dell'autore nel "Ciclo dei vinti" era quello di dare voce a tutta la scala sociale italiana dell'epoca, rappresentandola in un climax ascendente. Agli occhi dell'autore nessun individuo, indipendentemente dallo strato sociale cui appartiene, può tendere alla felicità, che si rivela inesistente.

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Giovanni Verga: la biografia

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Giovanni Verga: le opere

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Giovanni Verga: la poetica

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Una sintesi del rapporto tra Giovanni Verga e il Verismo

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Il verismo, il naturalismo e la lezione di Verga: l'Europa e l'Italia del secondo Ottocento; i problemi dell'Italia unita; la lezione del Positivismo; il Naturalismo di Zola; il Verismo di Verga. (slideshare)

SCAPIGLIATURA

La Scapigliatura non è una scuola o un movimento organizzato, con una poetica comune, precisamente codificata in manifesti e scritti teorici: è un gruppo di scrittori che operano nello stesso periodo, gli anni sessanta-settanta dell'Ottocento, e negli stessi ambienti (il centro principale è Milano, ma vi sono manifestazioni analoghe anche a Torino e Genova) e che sono accomunati, più che altro in negativo, da un'insofferenza per le convenzioni della letteratura contemporanea (in particolare il manzonismo e il tardo Romanticismo sentimentale), per i princìpi e i costumi della società borghese, e da un impulso di rifiuto e di rivolta, che si manifesta nell'arte come nella vita.
Il termine "Scapigliatura" fu proposto per la prima volta da Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Righetti, 1828-1906) nel suo romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio (1862, a designare un gruppo di spostati e ribelli alla loro classe di provenienza, che amavano vivere in maniera eccentica e disordinata. Era un termine letterario arcaico che veniva riportato in vita, per fornire un equivalente italiano del francese bohème. Il termine ebbe una rapida diffusione e fu impegato come autodefinizione da quegli stessi scrittori anticonformisti.

Tre importanti esponenti della Scapigliatura furono Emilio Praga, Arrigo Boito, Igino Tarchetti.

Emilio Praga

È stato un poeta (Gorla, Milano, 1839 - Milano 1875). Fu tra i principali esponenti della scapigliatura milanese, della quale incarnò anche nella vita gli aspetti più ribelli e sregolati; morì alcolizzato. Già attivo come pittore, esordì con la raccolta di versi Tavolozza (1862), cui seguirono Penombre (1864), Fiabe e leggende (1867) e Trasparenze (post., 1878). Autore di diversi libretti d'opera, tentò anche la via del teatro di prosa (Le madri galanti, con A. Boito, 1863; Altri tempi, 1875), ma con scarso successo. Lasciò incompiuto il romanzo Memorie del presbiterio. Scene di provincia, condotto a termine da R. Sacchetti e pubbl. nel 1881.

Arrigo Boito

Musicista e poeta italiano (Padova 1842 - Milano 1918); gli argomenti più macabri e tetri costituiscono l'ossatura della sua lirica (Re Orso, 1865; Libro dei versi, 1877), che insiste quasi sempre su un romantico, disperato conflitto tra bene e male, riconoscendo in sé ora l'angelo, ora la bestia; tali caratteri si ritrovano soprattutto nel B. librettista (La Gioconda di A. Ponchielli, l'Amleto di F. Faccio, il Simon Boccanegra, l'Otello e il Falstaff di G. Verdi, ecc.). L'atteggiamento rivoluzionario, iconoclastico, da poeta "maudit" è spesso solo effetto di melodrammatica amplificazione, tuttavia un tenue ma saldo nucleo poetico basta a farci riconoscere in lui uno dei maggiori esponenti della Scapigliatura milanese. Gli è vicino, per alcuni aspetti, il Praga, ma dai modi di quest'ultimo il Boito - che gli era stato assai vicino negli anni della giovinezza - ben presto si distaccò per seguire strade diverse di vita e di poesia. Importanza il B. ha anche come musicista: dopo aver scritto, con F. Faccio, una cantata, Quattro giugno (1860), e un "mistero", Le sorelle d'Italia (1861), si pose alla composizione del Mefistofele, su libretto proprio, che riportò insuccesso alla Scala (1868), dopo di che B. rielaborò l'opera, presentandola con fortuna a Bologna (1875). Durante la lunga attività librettistica, venne preparando il suo Nerone, del quale pubblicò il testo nel 1901, mentre ne lasciò incompiuta la partitura, poi ultimata da A. Toscanini e rappresentata con buon esito alla Scala (1924). Nella sua musica, in confronto con la poesia, si nota una maggiore semplicità di stesura, in un quadro stilistico assai composito ma non privo di tratti personali e di momenti felici. Il B., specie nel Mefistofele, riesce talvolta, con sostanze e mezzi modesti, a evocare ambienti e a delineare complessi stati d'animo.

Igino Tarchetti

Scrittore (San Salvatore Monferrato 1839 - Milano 1869). Impiegato al commissariato militare (l'affinità con Foscolo, che aveva ricoperto un analogo ufficio, gli suggerì l'assunzione del secondo nome, Ugo), abbandonò il posto nel 1865 dopo avere scritto pagine assai dure contro l'esercito e in genere contro tutti gli organismi ispirati al principio d'autorità (tale tematica tornerà nel romanzo Una nobile follia, 1867, primo di una serie, mai completata, di Drammi della vita militare). Si dedicò quindi, prevalentemente a Milano, al giornalismo e a una disordinata attività letteraria, unendosi al gruppo degli scapigliati, di cui, con le sue pose eccentriche, fu uno dei più tipici esponenti. Scrisse versi (pubbl. post., con alcuni poemetti in prosa, a cura di D. Milelli: Disjecta, 1879), in cui si avverte ancora la presenza di un'accesa sensibilità romantica, e soprattutto racconti (L'innamorato della montagna, Racconti fantastici, Racconti umoristici, Storia di una gamba, tutti pubbl. nel 1869), ispirati in parte a un garbato e felice umorismo e in parte al gusto del macabro caro alla moda del tempo, in cui rivela un estroso gusto di scrittore, aperto agli influssi della letteratura francese (Baudelaire) e tedesca (Hoffmann). Il suo romanzo più impegnativo, Fosca, incentrato su una torbida vicenda sentimentale, rimasto interrotto a causa della prematura morte per tisi di T., fu completato e pubblicato dall'amico S. Farina nel 1869.

DAL SIMBOLISMO AL DECADENTISMO

Il Simbolismo è un movimento nato in Francia intorno al 1880, contemporaneamente nell’arte e nella letteratura, caratterizzato, in opposizione al realismo e al naturalismo del sec. XIX, dalla tendenza a rappresentare il mondo della suggestione fantastica dei sogni per mezzo di allusioni simboliche; in particolare, in campo letterario, costituisce un aspetto o momento del decadentismo, da cui si distingue per una ancor più accentuata aspirazione della parola alla condizione della musica e per un più intenso o esasperato analogismo (come nelle opere di Verlaine, di Mallarmé e dei loro seguaci).

Parigi 1821
Parigi 1867

Charles Baudelaire

Pur fra interpretazioni diverse o opposte,è ritenuto l'iniziatore di un nuovo corso poetico, e la sua opera viene collocata fra le più alte espressioni della poesia di tutti i tempi e paesi. Autore di un unico ma fondamentale libro di poesie, Fleurs du Mal (1857), la sua grande originalità non fu interamente compresa dai suoi contemporanei, nemmeno dai suoi amici più vicini (Gautier o Sainte-Beuve), ma esercitò subito un'influenza notevolissima sul Parnasse, e poi sulla scuola simbolista; e quindi grande suggestione ebbe su Verlaine, su Mallarmé, su Rimbaud, e su tutta la successiva poesia francese ed europea, fino al surrealismo.

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Baudelaire: vita, opere, poetica e l'analisi di Corrispondenze

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Baudelaire e il Decadentismo schema

Decadentismo

Nella seconda metà dell'Ottocento si diffuse nella cultura europea una nuova semnsibilità che rifiutava l'ottimismo positivista e la pretesa di scientificità del Realismo e del Naturalismo e, in polemica, contro i valori borghesi, esaltava alcuni motivi tipici del Romanticismo, come l'interiorità, l'eccezionalità dell'artista e il suo sentimento di esclusione nei confronti della società. Tali fermenti si tradussero in nuove esperienze artistiche e letterarie che vanno sotto il nome di Decadentismo e che hanno origine nel Simbolismo francese e nell'Estetismo inglese.

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Decadentismo: definizione; visione del mondo; poetica; temi e miti; gli eroi decadenti; intellettuali e società; Decadentismo e Romanticismo; Decadentismo e Naturalismo; poesia simbolista in Europa; il romanzo decadente;

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Dal Romanticismo al Decadentismo (mappa)

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Decadentismo

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I filosofi del decadentismo: l'influenza di Schopenhauer, Nietzsche e Bergson

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Il Simbolismo: il primato della poesia; simbolo e allegoria; i poeti simbolisti (Verlaine, Rimbaud, Mallarmé)

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FOCUS - Il romanzo decadente: Huysmans e Wilde a confronto; Fogazzaro e Deledda a confronto

Gabriele D'Annunzio

Gabriele D'annunzio (Pescara 1863 - Gardone Riviera, Brescia, 1938) fu uno scrittore e poeta italiano. Il dannunzianesimo, a cavallo fra Otto e Novecento, fu un importante fenomeno di costume: il modello del «vivere inimitabile» proposto dallo scrittore, tra lussi raffinati, senszazioni preziose, avventure erotiche e imprese guerresce, offriva un'evasione fantastica alle frustrazioni degli individui comuni, schiacciati dalla nascente società di massa. Ma al di là del costume resta lo scrittore, che ha lasciato un numero impressioante di opere Quale fu il suo ruolo nella vita culturale della nazione? Che interesse suscitano ancora i suoi scritti in noi, oggi?
In D'Annunzio, negli ultimi due decenni dell'Ottocento, si può riconoscere la percezione acuta di un processo di rilevanza epocale, la crisi di una nozione di uomo, causata dalle grandi trasformazioni in atto nella società e nell'economia europee: l'avvento della grande industria, l'affermarsi dei monopoli, l'instaurarsi della società di massa, che sgretolano l'immagine tradizionale dell'individuo, forte e sicuro, dominatore del suo mondo, nella sfera privata come in quella pubblica. D'Annunzio (insieme con altri, quasi suoi coetanei, come Svevo e Pirandello) coglie questo fenomeno rappresentandolo criticamente nei suoi primi romanzi, i migliori, attraverso figure di inetti a vivere, deboli, incerti, tormentati.

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D'Annunzio: la produzione in prosa

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D'Annunzio: vita, opere e poetica

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D'Annunzio e Nietzsche: i romanzi del superuomo: Il superuomo e l'esteta; Il Trionfo della morte; Le vergini delle rocce; Il fuoco; Forse che sì, forse che no

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D'Annunzio - poesia, teatro e impressionismo: Le Laudi, il teatro e il Notturno

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D'Annunzio: l'evoluzione ideologica (mappa)

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Analisi interattiva (online) di un brano tratto da Il Piacere di D'Annunzio

Giovanni Pascoli

L'immagine di Pascoli (San Mauro 1855-Bologna 1912) che a lungo si è imposta, specie nella scuola, è quella del poeta delle piccole cose, viste con lo sguardo ingenuo e innocente del «fanciullino», l'immagine del cantore della campagna, degli affetti familiari, del dolore. È vero che molti componimenti toccano tali temi, e sono testi noti, spesso riportati nelle antologie scolastiche, ma questo è il Pascoli che oggi attrae meno, è meno vicino al nostro modo di sentire e di vedere il mondo. Quello che a noi appare più affascinante è un altro Pascoli, un poeta inqueito, tormentato, morboso, visionario, che sa conferire straoridnaria intensità alla visione e alla sensibilità decadenti (assumendo il termine in senso positivo, a indicare una tendenza letteraria che ha scoperto aspetti inediti e profondi del reali e ha praticato un modo nuovo per rappresentarli). È il poeta proteso verso il mistero che si cela oltre la realtà visibile, che sa caricare le cose più comune e apparentemente insignificanti di sensi simbolici, che proietta nella poesia le sue ossessioni, confernedo ad esse un significato universale, che sa esprimere l'«oscuro tumulto» e le perplessità esistenziali dell'anima moderna, che disgrega l'ordine del reale dilatando il minimo particolare o miniaturizzando ciò che è grande,7 grando vita a una visione onirica e allucinata.

DOWNLOAD  • Le opere di Pascoli
Raccolte poetiche maggiori e minori; produzione in prosa; Myricae; I canti di Castelvecchio; Primi poemetti; Il fanciullino
DOWNLOAD  • La poetica di Pascoli
Visione del mondo; simboli; pensiero e poetica; Pascoli e il Decadentismo; innovazione linguistica; i temi; la critica
MyPearsonPlace*  • Giovanni Pascoli

Mappa interattiva: il pensiero; la poetica; (contiene alla fine uno schema riepilogativo delle opere)

(* necessita di registrazione)
DOWNLOAD  • Giovanni Pascoli
Mappa per il Ripasso
Cloudschooling*  • Analisi interattiva
Giovanni Pascoli, Nebbia: analisi del testo poetico
MyPearsonPlace*  • Test online - Pascoli
MyPearsonPlace*  • Ripasso interattivo
Giovanni Pascoli -

CREPUSCOLARISMO E ALTRI

Il Crepuscolarismo fu una corrente poetca attiva tra il 1903 e il 1911, principalmente a Roma e Torino. L'origine del termine si deve al critico Borgese, che intendeva definire il declino ("crepuscolo") della poesia ottocentesca incarnata da Carducci e D'Annunzio. La sensibilità crepuscolare si ispirava al Simbolismo francese (soprattutto alla poesia malinconica e intimistica di Verlaine, alla poesia delle "piccole cose" di Pascoli e all'estetismo sensuale e decadente del Poema paradisiaco di D'Annunzio: da questi modelli discende un sentimento di crisi dei valori in un modello ormai dominato dalla massificazione della cultura, e la perdita di centralità del ruolo del poeta, che si traduce in atteggiamenti isolati e appartati, ma anche in accenti ironici nei confronti della società borghese. I maggiori esponenti della poesia crepuscolare sono Corazzini, Gozzano, Moretti e Palazzeschi.

Sergio Corazzini

Sergio Corazzini è stato un poeta italiano (Roma 1886 - ivi 1907). I suoi versi (raccolti da C. stesso nei volumi Dolcezze, 1904; L'amaro calice, 1905; Le aureole, 1905; Piccolo libro inutile, con A. Tarchiani, 1906; Elegia, 1906; Libro per la sera della domenica, 1906; poi dagli amici in unico vol., Liriche, 1909, n. ed. 1914, 1922 e 1959; e infine, con le poesie sparse, da S. Jacomuzzi in Poesie edite e inedite, 1968), di un elegismo sommesso, venato d'ironia, se risentono di quel gusto che poi fu detto crepuscolare, e nel quale echi di D'Annunzio e di Pascoli si mescolano con quelli dei decadenti francesi e belgi, esprimono anche con genuinità il suo smarrimento di poeta consacrato alla morte nel primo fiorire della poesia.

Guido Gozzano

È stato un poeta italiano (Torino 1883 - ivi 1916). Ritenuto il massimo esponente del crepuscolarismo, nelle sue opere riserva lo stesso commosso distacco e lo stesso sguardo ironico alla vacua fede letteraria, per la quale non si può non provare vergogna, e al personaggio autobiografico con cui racconta il dannunzianesimo vissuto nella grigia realtà quotidiana. Puntando su una poesia capace di assecondare l'andamento del parlato senza uscire dalla metrica tradizionale, persegue con una felicità proverbiale la rivalutazione estetica del reale già avviata proprio da D'Annunzio, e per questa via scopre che il fascino libresco, conferito dalla patina del tempo alle "buone cose di pessimo gusto", del passato, non si distingue poi molto dalle attrattive dell'arte. Tra le sue opere si ricordano le raccolte di versi La via del rifugio (1907) e I colloqui (1911).

Marino Moretti

È stato uno scrittore e poeta(Cesenatico 1885 - ivi 1979). Come poeta (La serenata delle zanzare, 1905; Poesie scritte col lapis, 1910; Poesie di tutti i giorni, 1911; Il giardino dei frutti, 1915; Poesie, 1905-1914, 1919, raccolte e più tardi riordinate, con l'aggiunta di versi successivi, in Tutte le poesie, 1966), Moretti vagheggia l'adolescenza, la provincia, le cose umili e tristi che egli, il più pascoliano dei crepuscolari, ama veramente: solo che, a differenza di Pascoli, ne avverte l'inutilità e il vuoto. Ma accanto o al fondo di questo intimismo lirico-autobiografico c'è anche in M. un atteggiamento più oggettivo, realistico di un realismo di sapore, appunto, regionale, risentitamente romagnolo, temperato però da un humour che, spesso, è lo schermo di una tenera pietà per i semplici, i "puri di cuore", ed è tale atteggiamento che prevale nella sua opera di narratore.

Aldo Palazzeschi

Pseudonimo dello scrittore Aldo Giurlani (Firenze 1885 - Roma 1974). Palazzeschi ha manifestato il suo estro funambolesco fin dall'esordio come poeta crepuscolare e nell'effimera adesione al futurismo. Ha attraversato l'esperienza dell'avanguardia di inizio secolo, quella del «ritorno all'ordine» degli anni Venti e in seguito la ripresa sperimentale delle avanguardie degli anni Sessanta con una sua inconfondibile giocondità, enigmatica e inafferabile, attraverso la quale ha tratto alla luce sproporzioni e incongruità, in un'irridente distruzione dei rapporti normali tra le cose.

Dino Campana

È stato un poeta italiano (Marradi 1885 - Castel Pulci, Firenze, 1932) [...],incapace di adattarsi alla normalità (per le sue stravaganze ebbe a che fare spesso tanto con la polizia quanto con le istituzioni psichiatriche), preferì viaggiare (l'Italia settentrionale, la Svizzera, Parigi nel 1907; un avventuroso viaggio in Argentina nel 1908; frequenti vagabondaggi in Toscana) e coltivare una prepotente vocazione letteraria, i cui primi frutti apparvero (1912-13) su fogli goliardici a Bologna. Frequentò poi per qualche tempo (1913-14) i circoli fiorentini della Voce e di «Lacerba». [...] Dopo una turbolenta relazione con Sibilla Aleramo (1916-17), di cui resta la testimonianza del carteggio (Lettere, 1958), altri viaggi e un tentativo fallito di arruolarsi in occasione dell'entrata in guerra dell'Italia, finì i suoi giorni nel manicomio di Castel Pulci, dove fu ricoverato nel 1918. Nei suoi Canti orfici, raccolta di poesie, di prose liriche e di frammenti [...] un impressionismo paesistico, affine a quello dei vociani, lievita spesso in un simbolismo denso e ardente, che ricorda A. Rimbaud [...], suo poeta prediletto insieme con Baudelaire. Discontinua come risultati poetici, nutrita degli echi di una educazione letteraria che include Carducci e D'Annunzio, Nietzsche, il decadentismo francese e il futurismo giocoso di un Palazzeschi, l'opera di Campana, per l'intensità visionaria, per la lirica suggestione del suo linguaggio analogico, ha avuto largo influsso sulla poesia italiana successiva, in particolare su quella ermetica, e, per l'indicazione, che vi si è scorta, di radicale opposizione agli istituti letterarî, sulle generazioni di poeti formatesi dopo gli anni Sessanta. [...]

Camillo Sbarbaro

È stato uno scrittore e poeta italiano (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967). Lavorò come impiegato e quindi come insegnante; negli ultimi anni si dedicò allo studio dei licheni. Collaboratore di «Riviera ligure» e della «Voce», esordì con i versi di Resine (1911) e Pianissimo (1914), che per il lirismo autobiografico, risolto in un tono essenziale e prosastico, rispecchiano il gusto del frammentismo; a tale gusto Sbarbaro rimase fedele nelle successive raccolte di prose liriche ([...] Quisquilie, 1967) e di versi ([...] Primizie, 1958). Il suo senso smarrito, disamorato o piuttosto disancorato della vita, la dolente coscienza dell'aridità che sembra preludere a Montale, trovano felice espressione soprattutto in paesaggi e nature morte. Da ricordare anche la sua attività di traduttore (da Euripide, Flaubert, Stendhal, ecc.). [...]

Sibilla Aleramo

Pseudonimo della scrittrice Rina Faccio (Alessandria 1876 - Roma 1960). Meglio che nei romanzi, dove un certo femminismo d'intonazione ibseniana (Una donna, 1906) si è venuto sempre più mescolando a motivi dannunziani (Il passaggio, 1919; Amo, dunque sono, 1927; Il frustino, 1932), le sue tendenze alla confessione autobiografica trovano adeguata espressione nelle poesie (Momenti, 1921; Poesie, 1929; Sì alla terra, 1935; raccolta definitiva, Selva d'amore, 1947), che tengono conto delle esperienze del frammentismo vociano e della "poesia pura", e soprattutto nelle prose liriche, in certe pagine di diario o di taccuino, nelle quali il tumulto dei sensi e dei ricordi si illimpidisce, a tratti, in una panica ebbrezza (Andando e stando, 1921; Gioie d'occasione, 1930; Orsa minore, 1938: raccolte poi in Gioie d'occasione e altre ancora, 1954; Dal mio diario, 1945). Negli ultimi anni la produzione letteraria, e specialmente poetica dell'A. (Aiutatemi a dire, 1951; Russia alto paese, 1953; Luci della mia sera, 1956, ecc.), assunse toni sociali, d'ispirazione marxista, in cui trovano sbocco quei motivi di un socialismo umanitario e quella attenzione alla vita degli umili, che avevano già caratterizzato la sua attività giovanile, accanto a G. Cena, nel tentativo di redenzione dell'Agro Romano. È infine da ricordare, interessante anche per il periodo cui si riferisce, il carteggio d'amore con Dino Campana

ROMANZO TRA 800 E 900

All'inizio del '900 si diffondono personaggi con un grado di complessità interna e allo stesso tempo di destrutturazione che era ignoto alla narrativa di primo Ottocento. [Si prendano] come esempio i personaggi di Dostoevskij, che amano e odiano senza sapere perché. Si sentono attraversati da una forza che non riescono a controllare, non sanno perché fanno determinate cose. Alcuni personaggi del romanzo di primo Novecento sono il prolungamento di questo modo dostoevskijano: pensiamo, per esempio, nel panorama letterario italiano, a Tozzi: il centro della psicologia di Tozzi è la teoria dei "misteriosi atti nostri", gli atti che noi compiamo quotidianamente sono misteriosi, sappiamo quello che stiamo facendo solo in parte, abbiamo delle pulsioni incontrollabili. Pensiamo ai personaggi di Pirandello. Nelle Novelle per un anno ogni tanto qualcuno si mette a ridere improvvisamente senza un perché o a giocare infantilmente dentro al proprio studio; i personaggi vengono attraversati da pulsioni che non fanno parte in teoria del loro carattere ma che emergono.

Grazia Deledda

 Nobel per la Letteratura (1926)

È stata una scrittrice italiana (Nuoro 1871 - Roma 1936). Scrittrice intensa e feconda, la sua fama si diffuse anche all'estero [...]. La sua narrativa muove dal verismo a fondo regionale e folcloristico: cronache e leggende paesane, storie di passioni elementari e di esseri primitivi; ma a un mondo del peccato e del male, sentito come fatalità, e rappresentato con cupi accenti, si accompagnano o piuttosto si contrappongono un'ansia di liberazione e di riscatto, un estroso e romantico senso della vita, che trovano espressione soprattutto nella leggerezza idillica e trasognata del paesaggio.

Matilde Serrao

Giornalista, scrittrice, imprenditrice, riesce, rompendo le convenzioni, a collezionare numerosi primati. Nel 1882 è assunta al «Capitan Fracassa», prima donna redattrice nella storia del quotidiano romano, fonda due giornali «Il Mattino» (insieme al marito Edoardo Scarfoglio nel 1892) e «il Giorno» (1904), lavora come direttrice a diverse riviste periodiche, «Il Mattino-supplemento» (1894-1895), il «Masto Rafaele&aquo; (1899-1901), «la Settimana» (1902-1904). Di indole coraggiosa, irriverente della morale del tempo, non solo raggiunge ambiziosi traguardi professionali ma inaugura un nuovo modo di fare giornalismo inteso come vocazione, come impresa, come strumento di formazione e testimonianza: «Giornale è tutta la storia di una società – scrive – E, come la vita istessa, di cui è la immagine, […] ha in sé il potere di tutto il bene e di tutto il male […]. Il giornalista è l’apostolo del bene […] il giornale è la più nobile forma del pensiero umano […]. L’avvenire è del giornale». È altresì una fedele testimone del suo tempo, profonda conoscitrice delle mode e degli stili di vita dell’alta società, ma anche delle pene e delle speranze delle popolazioni dei bassifondi, aspetti che documenta con uno stile che le vale le critiche di alcuni suoi contemporanei, ma con una potenza espressiva e comunicativa lodata da Croce, Carducci, Momigliano. Matilde, consapevole della criticità del proprio stile, ritiene tuttavia che siano proprio quel «linguaggio incerto» e «quello stile rotto» ad infondere nelle sue opere un calore che «non solo vivifica i corpi ma li preserva da ogni corruzione del tempo».

Antonio Fogazzaro

Romanziere italiano (Vicenza 1842 - ivi 1911). Indagò nelle sue opere il mondo sentimentale e religioso dei protagonisti (Malombra, 1881; Daniele Cortis, 1884; Piccolo mondo antico, 1895, ritenuto il suo capolavoro) e affrontò il conflitto tra fede e scienza, e tra cattolicesimo e mondo moderno. Il romanzo Il Santo (1906) venne messo all'Indice per la sua impostazione modernista.

Federigo Tozzi

Scrittore italiano (Siena 1883 - Roma 1920). Dotato di una formazione letteraria da autodidatta, riportò nelle sue opere, spesso ambientate in un mondo provinciale e caratterizzate da accenti autobiografici, i sintomi di quella stessa crisi descritta dai contemporanei I. Svevo e L. Pirandello. Dopo le prose liriche Bestie (1917), pubblicò il romanzo Con gli occhi chiusi (1919) e le novelle poi riunite in Giovani e L'amore (entrambi del 1920), mentre molta parte della sua produzione venne pubblicata postuma.

AVANGUARDISTI

I movimenti di avanguardia, attivi in Europa dai primi del Novecento alla metà degli anni Venti circa, ebbero alcuni caratteri comuni: la critica radicale ai tradizionali codici artistici e la conseguente ricerca di nuove forme espressive; la diffusione di enunciati di poetica attraverso i "manifesti"; la contaminazione fra le diverse arti; la critica alla società borghese.

Avanguardie

Fra le correnti d'avanguardia, le più rilevanti in ambito letterario furono:

  • l'Espressionismo: un orientamento artistico che si diffuse nei primi decenni del Novecento, avendo come centro d’irradiazione la Germania, come reazione al naturalismo e all’impressionismo. Si concretizzò in diverse correnti, accomunate da un uso libero e soggettivo del mezzo artistico;
  • il Futurismo: movimento letterario, artistico e politico, fondato nel 1909 da F.T. Marinetti. Il futurismo, attraverso tutta una serie di manifesti e di clamorose polemiche, propugnò un’arte e un costume che avrebbero dovuto fare tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale, ispirandosi al dinamismo della vita moderna, della civiltà meccanica, e proiettandosi verso il futuro fornendo il modello a tutte le successive avanguardie;
  • il Dadaismo: un movimento artistico di protesta che nasce durante la Prima guerra mondiale come reazione alla cultura e ai valori che hanno portato al conflitto bellico. Il dadaismo vuole dare scandalo con un'arte che rifiuta i metodi tradizionali e sperimenta nuove forme espressive;
  • il Surrealismo: nato ufficialmente nel 1924 col manifesto redatto dal poeta francese André Breton, è un movimento d’avanguardia che si propone di esprimere, sia con parole sia con immagini, il libero funzionamento del pensiero, emancipandolo dal controllo esercitato dalla ragione. Gli artisti che ne fanno parte provengono da diversi paesi(...). Essi intendono realizzare forme artistiche direttamente scaturite dal "potente mondo della fantasia, del sogno e di quelle forze inconsce che vivono nella parte più profonda e nascosta della mente umana".

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Presentazione

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Avanguardie

Filippo Tommaso Marinetti

Scrittore italiano (Alessandria d'Egitto 1876 - Bellagio 1944). Compì gran parte dei suoi studi a Parigi e si affermò dapprima come poeta in lingua francese [...]. Nel 1905 fondò a Milano la rivista «Poesia», di un gusto ancora fra simbolista e liberty, nella quale diede largo spazio a molti poeti d'avanguardia italiani e francesi bandendo, fra l'altro, nel 1905, la celebre Inchiesta internazionale sul verso libero, ove non poneva per la prima volta, come è stato erroneamente affermato, il problema dell'uso del verso libero, ma ne pubblicizzava la struttura e la fisionomia aprendo su di esso un ampio dibattito; nel 1905 pubblicava, sempre in francese, la tragedia satirica in quattro atti Le Roi Bombance, opera assai notevole anche se non risponde a quegli intenti sociali che Marinetti si era proposto. Nel 1909, con un "Manifesto" apparso sul Figaro di Parigi, diede vita al movimento futurista; nel 1910 pubblicò, in francese e in italiano, il romanzo Mafarka il futurista, che suscitò clamorose polemiche, e nel quale è già in atto la poetica delle "parole in libertà", che, perseguendo l'immediatezza e il dinamismo dell'espressione, esaspera fino al meccanicismo onomatopeico il dannunziano "amor sensuale della parola". E l'opera successiva, in prosa o in versi, di M., malgrado certi impeti lirici (cfr. Zang Tumb Tumb, 1914; [...] Spagna veloce e toro futurista, 1931; L'Aeropoema del Golfo della Spezia, 1935), è piuttosto turgida oratoria e azione politico-letteraria (di via via scemante efficacia), che non, come pur vorrebbe, arte liberatrice, all'avanguardia d'un rinnovamento totale. Pertanto le sue cose più importanti restano i "manifesti" del primo periodo, alcuni dei quali (come quelli sul teatro di varietà, sul teatro sintetico, ecc.) ricchi di spunti, intuizioni e precorrimenti. Interventista (Guerra sola igiene del mondo, 1915), e combattente della prima guerra mondiale, Marinetti fu accanto a Mussolini dalle origini del fascismo alla Repubblica di Salò, esaltandone le imprese guerresche. Fece parte dell'Accademia d'Italia. Parte dell'opera edita e inedita di M. è raccolta in Teoria e invenzione futurista (1968) e La grande Milano tradizionale e futurista (1969), a cura di L. de Maria, che ne fornisce una convincente sistemazione storica. [...]

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Il Futurismo:Marinetti

La Voce e la Questione della lingua

Precedente al Manifesto [futurista], ma più circoscritta all’ambito culturale italiano, è l’esperienza della «Voce», fondata da Prezzolini e Papini nel 1908 a Firenze, con la consulenza di Croce, indiscussa autorità culturale dell’epoca, con finalità critiche, sia in ambito artistico-letterario sia in ambito politico. I letterati che si raccolgono attorno alla redazione delle rivista (oltre ai citati Prezzolini e Papini, anche Salvemini, Cecchi, Einaudi...) hanno l’intento comune di svecchiare la cultura italiana, liberandola dagli elementi positivisti permanenti e trattando temi di grande interesse nazionale, per i cittadini dell’Italia postunitaria del primo Novecento. “La Voce” e le altre numerose riviste del periodo ebbero un ruolo fondamentale nella questione linguistica, che torna a riacutizzarsi in Italia nei momenti di particolare trasformazione sociale. Grazie alla diffusione di questa e di altre riviste, ancora fiorentine, come «Leonardo», «Lacerba», il fiorentino divenne la lingua unitaria che all’Italia mancava. Dunque, le riviste consacrano in via definitiva – dal punto di vista linguistico – la posizione manzoniana della necessità di "risciacquare i panni in Arno".

DOWNLOAD (.pdf)  • Le riviste

Giuseppe Prezzolini

Fu uno scrittore italiano (Perugia 1882 - Lugano 1982). Partecipe del dibattito culturale del primo Novecento, P. si accostò al pragmatismo, al modernismo cattolico e soprattutto all'idealismo crociano, approdando a un conservatorismo disincantato (Manifesto dei conservatori, 1972). Nel 1908 fondò il settimanale «La Voce».
Autodidatta, si trasferì giovanissimo a Firenze. Amico di Papini e animatore con lui del «Leonardo» con lo pseudonimo di Giuliano il Sofista, collaboratore fino al 1905 del nazionalista «Il Regno» di E. Corradini, facendosi nel primo propugnatore di un orientamento filosofico antirazionalistico e misticheggiante, nel secondo sostenitore del movimento nazionalista e specialmente dei diritti della borghesia contro il socialismo. Verso il 1908 Prezzolini aderì alla filosofia idealistica di B. Croce, mentre si accostava con più larga comprensione e qualche simpatia al socialismo sindacalista. In questa nuova posizione ideale nel 1908 fondò (e diresse con interruzioni fino al 1914) il settimanale La voce, fondamentale esperienza che avrebbe poi rievocato in La voce (1908-1913): cronaca, antologia e fortuna di una rivista (1974). Nel movimento vociano P. rappresentò l'elemento coesivo e direttivo delle varie tendenze che vi confluivano e allora come in seguito si dimostrò critico intelligente, propagatore instancabile di notizie e d'idee in ogni campo della cultura.[...]

Giovanni Papini

Scrittore e poeta italiano. Alla fine del 1899 con Alfredo Mori, Ercole Luigi Morselli e Giuseppe Prezzolini (conosciuto a novembre) diede vita a un sodalizio, ratificato ‘ufficialmente’ il 12 aprile 1900 con la sottoscrizione di un manifesto (Proclama degli Uomini Liberi), ma destinato a sciogliersi nell’ottobre 1901 per la deriva letteraria di Mori e Morselli, incompatibile con gli interessi filosofici di Papini e Prezzolini. Sempre alla fine del 1901 lasciò l’appartamento in via Ghibellina, 97 trasferendosi in Borgo Albizi, 14. [...] Dopo aver assunto la leadership di un drappello di letterati e artisti radunatisi con l’intento di fondare una rivista, il 26 novembre di quello stesso anno Papini tenne nello studio di Adolfo De Karolis, presso l’Accademia di belle arti, il celebre Discorso ai giovani del gruppo vinciano, il cui valore fondativo per lo Sturm und Drang fiorentino fu sottolineato dieci anni più tardi in un capitolo di Un uomo finito (Il discorso notturno). Leonardo vide la luce il 4 gennaio 1903, benevolmente accolto da Gabriele d’Annunzio e Benedetto Croce, che lo segnalò su La Critica: ne seguì un fitto carteggio con Papini, destinato tuttavia a interrompersi polemicamente dieci anni più tardi. Contrassegnata da un sostanziale eclettismo, l’uscita irregolarmente trimestrale della rivista si arrestò il 10 maggio per i contrasti sorti in seno alla redazione; le pubblicazioni ripresero tra il 10 novembre 1903 e l’ottobre-dicembre 1905 con una «nuova serie» contraddistinta da una vivace battaglia antipositivista venata di tensioni irrazionalistiche e nutrita dall’intuizionismo di William James e Henri Bergson.

Benedetto Croce

Nella storia culturale italiana del Novecento, Benedetto Croce non ha nessuno che gli stia accanto, perché nessuno, e per un così lungo periodo, ha coltivato contemporaneamente le scienze filosofiche, le ricerche storiche, la critica letteraria, intervenendo inoltre nei dibattiti contemporanei, in un confronto spesso polemico con quasi tutti gli intellettuali eminenti del suo tempo, italiani e non italiani. Nei suoi scritti storico-politici egli non si preoccupò mai di esprimersi, come si direbbe oggi, in modo politicamente corretto. A decenni di distanza val sempre la pena di rileggere quei volumi, redatti in un italiano impeccabile, per trarne stimolo non conformistico.

ROMANZO DELLA CRISI

Con "età della crisi" si indica l'ultima parte dell'Ottocento fino agli anni trenta del Novecento. La società si trovava ad affrontare, in questo modo, una serie di cambiamenti che ne minavano le stesse fondamenta: a una rapida trasformazione della società, della tecnologia, della vita lavorativa, si affiancavano nuove idee, nuove scoperte scientifiche, nuove frontiere del pensiero filosofico.
Il Decadentismo estetizzante rivalutava individualità d'eccezione, caratterizzate però anche da un forte disagio esistenziale. A tale disagio diedero voce nel primo Novecento alcuni importanti narratori che, approdando a soluzioni tematiche e stilisitche diverse, diedero un grande contributo alla nasciata del moderno romanzo europeo. Le principali innovazioni consistono nella rappresentazione di una realtà soggettiva, che può essere letta in base a numerose chiave interpretative: ci si concentra su un unico personaggio, sempre un antieroe (malato, inetto, nevrotico); l'intreccio è debole e il tempo del racconto è frammentato; si narra in prima persona e spesso usando la strategia narrativa del monologo interiore e del flusso di coscienza, operando così una forte caratterizzazione psicologica.

Franz Kafka

Scrittore boemo di lingua tedesca (Praga 1883 - Kierling, Vienna, 1924). Autore tra i maggiori del Novecento, le sue opere - quasi sconvolgenti allucinazioni - descrivono esperienze di un'inquietante assurdità facendo uso di una scrittura lucida, straordinariamente precisa e realistica nei dettagli e nel tratteggiare fatti inauditi come momenti della più normale quotidianità. K. rifiuta ogni intento edificante, mirando piuttosto ad analizzare, con tutto ciò che di negativo, di angoscioso, di tragico, e anche di desiderabile e persino di positivo essa comporta, la sua battaglia per l'esistenza. Artista solitario e tragico, logico e trascendente, angoscioso e minuzioso, la sua produzione letteraria è inseparabile da Praga, la "città degli strambi e dei visionari" in cui trascorse la sua vita tormentata; molte delle sue opere vennero pubblicate postume, e parte di esse è incompiuta.

Proust

La grandezza e l’originalità dello scrittore francese Marcel Proust nascono da una singolare mescolanza di due poetiche opposte: una grandissima capacità analitica da un lato, e dall’altro l’esaltazione delle forme intuitive di conoscenza e dell’interiorità dell’individuo. Con queste modalità espressive lo scrittore francese ha costruito un nuovo modello di romanzo, che ancora oggi si pone come punto di riferimento esemplare.
Alla ricerca del romanzo perduto
Quali soluzioni formali occorre adottare per scrivere un romanzo di vaste ambizioni psicologiche e sociali, quando si aderisce a una visione del mondo secondo cui la verità è inconoscibile e inesprimibile per chi usi i comuni strumenti razionali, e può solo essere di tanto in tanto intravista, in modo intuitivo, come in un lampo fugace? Questo è il problema di fronte al quale si trovò il giovane Marcel Proust, che, essendo nato a Parigi nel 1871, visse la propria adolescenza e giovinezza in pieno decadentismo, un periodo caratterizzato dal prevalere di filosofie irrazionaliste, che ponevano il mistero, il dolore e l’interiorità al centro della condizione umana. Una conseguenza fu, sia in poesia, sia in prosa, il prevalere delle forme brevi e frammentarie rispetto a quelle tese a rispecchiare la totalità umana. Il romanzo, che aveva trionfato sino allora, entrò in crisi.

Joyce

Scrittore irlandese (Dublino 1882 - Zurigo 1941). Tra i massimi autori del Novecento, dopo una prima fase in cui la sua scrittura evolve in stretta aderenza ai canoni espressivi tradizionali della prosa narrativa, animata - come magistralmente attesta la raccolta di racconti Dubliners (1914; trad. it. Gente di Dublino, 1933) - dai temi della stagnazione e dell'inettitudine umana al vivere, si allontana da ogni convenzione formale e logica con Ulysses (trad. it. 1960), il romanzo che forse più ha inciso sulla storia della letteratura europea contemporanea. Qui, lasciate liberamente fluire le costellazioni interiori del pensiero prima che esso si faccia parola - in ciò valendosi anche dei primi portati teorici della nascente psicanalisi - , J. rifonda il genere del romanzo facendovi assurgere a imprescindibile presenza l'individualità dell'orizzonte psichico umano colto all'interno della estraniante realtà del quotidiano; tale prospettiva troverà una sua quasi fisiologica estremizzazione in Finnegans wake (1939; trad. it. di Frammenti scelti nel 3º vol. di Tutte le opere di J. J., 1961; dei primi quattro capp., 1982), opera in cui echeggia, atomizzata, tutta la cultura occidentale, e che sfugge a ogni possibile classificazione critica.

Virginia Woolf

Scrittrice inglese (n. Londra 1882 - m. suicida nel fiume Ouse 1941). Prestigiosa rappresentante del Bloomsbury Group, fu scrittrice, saggista e critica di forte personalità, che emerse anche nel suo impegno libertario e a volte fuori dagli schemi a favore dei diritti civili e della parità tra i sessi. Tra le sue opere Mrs. Dalloway (1925; trad. it. 1946) eTo the lighthouse (1927; trad. it. 1934) sono forse i suoi capolavori.

Italo Svevo

Protagonista dei romanzi di Italo Svevo è l’uomo comune, come il commerciante di La coscienza di Zeno, capolavoro della letteratura del Novecento. Zeno è un uomo logorato dai dubbi, incapace di gestire la propria vita, rappresentato con suprema ironia in tutta la sua infelicità.
La scoperta di una vocazione
Italo Svevo è lo pseudonimo dello scrittore Ettore Schmitz, nato a Trieste nel 1861. Egli, tuttavia, non fu un letterato di professione: compì da giovane studi commerciali e lavorò dapprima come impiegato di banca e poi come uomo d’affari nell’attività industriale del suocero. Pertanto si dedicò al lavoro sui testi letterari (narrativi e teatrali) in modo saltuario. Anche l’incontro con James Joyce, che gli dette lezioni di lingua inglese, fu inizialmente funzionale alle sole necessità lavorative, e solo in seguito l’amicizia con lo scrittore irlandese riuscì a essere di stimolo per la sua passione letteraria.

TRECCANI SCUOLA  • La vita
(durata 7'38)

Luigi Pirandello

 Nobel per la Letteratura (1934)

Luigi Pirandello rivoluzionò il teatro del Novecento e il suo nome è oggi fra quelli dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi. Autore di novelle e romanzi apprezzati, venne però a lungo considerato come uno scrittore dallo stile poco efficace, dalle invenzioni troppo bizzarre: raggiunse la fama attraverso il teatro, quando aveva ormai cinquant’anni. Alla radice della sua opera teatrale, Pirandello ha posto il «sentimento del contrario»: la capacità di "sentire" contemporaneamente gli opposti, di percepire il diritto e il rovescio d’una stessa realtà, senza imprigionarne il fluire in una forma rigida.

POESIA TRA LE DUE GUERRE

La letteratura tra le due guerre è caratterizzata da due grandi personalità di poeti, intorno ai quali si raccoglie una pleiade di figure minori, ma quasi tutte di notevole rilievo. L'esperienza della poesia acquista senza dubbio in quegli anni una posizione preminente ed eccezionale, come se l'espressione del travaglio spirituale profondo di quelle generazioni e il loro vario modo di reagire all'inquietudine dei tempi e all'atmosfera pesante della dittarura riuscisse a farsi strada più agevolmente attraverso la sublimazione e le forme allusive e non di rado cifrate del linguaggio poetico. Alla base di questa esperienza sono le vicende letterarie della generazione vociana, le teoriche del frammento e della lirica pura. E questo vale anzitutto per i due maestri maggiori: Ungaretti e Montale. Ma su questo fondo comune di cultura e di gusto moderno, il cammino dei due poeti si svolge poi in direzioni diverse e persino apparentemente opposte. Ungaretti attraverso un'assoluta adesione alla propria materia autobiografica, ne estraae faticosamente il palpito originario e isola, per così dire, esalta la musica pura del sentimento. Montale, invece, muovendo da un distacco altrettanto assoluto di quella materia e quasi da uno scontroso rifiuto del dato sentimentale, tende ai modi di una contemplazione oggettiva in cui come in uno specchio si rifletta e si consumi la sua immobile disperazione.

Giuseppe Ungaretti

Poeta italiano, nasce ad Alessandria d'Egitto, l'8 febbraio 1888, da genitori lucchesi, colà emigrati, perché il padre Antonio lavorava come sterratore al canale di Suez. [...] Dai lutti privati e collettivi nasce l'esperienza del Dolore, 1947. Dalla vicenda di barbarie della seconda guerra mondiale sorge più alta l'esigenza di raccogliere, nella meditazione dei classici, la memoria della dignità e della tragedia di essere uomini: saranno le mirabili traduzioni dei 40 Sonetti di Shakespeare, delle Visioni di Blake, della Fedra di Racine, delle poesie di Gongora e Mallarmé, dell'Eneide e delle "Favole indie della genesi". Potrà così compiersi il viaggio e l'ultima "mira": La Terra Promessa, 1950 e Il Taccuino del vecchio, 1960; rielabora poi, "a lume di fantasia", le prose d'arte e di viaggio: Il Deserto e dopo, 1961. Raffinato esercizio di autoesegesi e di poetica sono le quattro lezioni, tenute nel 1964 alla Columbia University, New York, sulla Canzone. Muore a Milano nella notte fra il 1° e il 2 giugno 1970, già accolti, a Capodanno, "Gli scabri messi emersi dall'abisso", in una poesia che sempre "torna presente pietà".

Eugenio Montale

Poeta italiano (Genova 1896 - Milano 1981). Tra i massimi poeti italiani del Novecento, già dalla prima raccolta (Ossi di seppia, 1925; ed. defin. 1931) fissò i termini di una poetica del negativo in cui il "male di vivere" si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio. Questa poetica viene approfondita nelle Occasioni (1939), dove alla riflessione sul male di vivere subentra una "poetica dell'oggetto": il poeta concentra la sua attenzione su oggetti e immagini nitide e ben definite che spesso provengono dal ricordo, tanto da presentarsi come rivelazioni momentanee destinate a svanire. M. ricercò una densità e un'evidenza simbolica del linguaggio, portando a perfezione lo stile alto novecentesco, dove i termini rari o preziosi si adeguano a esprimere l'irripetibile singolarità dell'esperienza.

library.weschool.com  • Parafrasi Ho sceso dandoti il braccio

Ho sceso dandoti il braccio appartiene alla raccolta Satura, pubblicata nel 1971 (precisamente alla seconda serie di liriche, Xenia). La poesia, come altre di questa e della prima serie, è dedicata alla moglie, Drusilla Tanzi, (1886-1963), compagna di una vita del poeta e soprannominata - pare dalla Gerti Frankl cui si allude in Dora Markus - "Mosca", a causa della forte miopia e della conseguente necessità di occhiali molto spessi...

Umberto Saba

Pseudonimo del poeta Umberto Poli (Trieste 1883 - Gorizia 1957); di famiglia ebraica dal lato materno, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. I suoi primi versi risalgono al 1900 ma il primo libro, Poesie, è del 1911 [...]. Alla contemplazione delle cose ultime, pervasa da un pessimismo, da un senso atavico e quasi espiatorio del dolore, si congiungono, in S., una trepida inclinazione per la donna e per l'amore, un alacre interesse per le cose e le creature più umili, per gli aspetti più minuti della vita e della sua Trieste. E la sua poesia, autobiografica proprio nel senso di intimo diario e confessione, è di un tono medio, fra il cantato e il parlato, fra l'aulico e il popolaresco, fra l'alta lirica (dai vaghi echi leopardiani) e la canzonetta: conforme al suo gusto, educato sui classici (i quali, per lui, nato in una terra all'incrocio di più culture e non ancora unita all'Italia, costituirono anche l'unico riferimento sicuro in fatto di lingua) ma arricchito dai lieviti del romanticismo germanico e slavo, scaltrito dalla lezione della poesia dialettale veneta (e di quella realistico-borghese di V. Betteloni), e insieme sensibile alle suggestioni della psicanalisi. E se la conciliazione di queste varie componenti, e dei diversi modi, non avviene senza dissonanze, e la tendenza di S. a tradurre quella confessione o introversione in "racconto" dà luogo a frequenti cadenze prosastiche (temperate peraltro, nelle ultime poesie, da una certa concisione epigrammatica), è anche vero che, per la profonda umanità del suo impegno e per la schiettezza della vena lirica, la sua opera si colloca tra le maggiori della poesia contemporanea.

Salvatore Quasimodo

 Nobel per la Letteratura (1959)

Poeta italiano (Modica 1901 - Napoli 1968). [...] Formatosi nel gusto della poesia ermetica fra Ungaretti e Montale, più vicino a quello per l'essenzialità quasi epigrammatica dell'espressione, per l'altezza del tono, più affine a questo per le soluzioni paesistiche del suo analogismo, Q. è venuto temperando tali influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera quella sua intensa sensualità in trepide visioni.

Vincenzo Cardarelli

Scrittore (Tarquinia 1887 - Roma 1959), il cui vero nome era Nazareno Caldarelli. Nel 1919 fondò con altri la rivista La Ronda; collaboratore di numerosi giornali e periodici, dal 1949 diresse La Fiera Letteraria. Un autobiografismo tutto interiore e allusivo, un impressionismo e immaginismo che tendono a trasporsi in figurazioni di stagioni e paesi, trovano espressione nei toni pacatamente lirici delle sue prose di evocazione e di viaggio. Mentre nelle poesie il suo ideale di restaurazione classica, di un "ritorno a Leopardi" (propugnato in parecchi scritti polemici, e nella stessa linea direttiva della Ronda), mal si concilia con il fondo sensuale, ancora vagamente dannunziano, della sua ispirazione.

Sandro Penna

Poeta italiano (Perugia 1906 - Roma 1977). Nelle sue liriche Penna ha espresso con un'agile grazia epigrammatica - in cui il ricordo dell'antologia greca si fonde felicemente con la lezione degli ermetici - momenti e fermenti di un'intensa brama di vita, tutta sensi, che della sensualità conosce anche i limiti e la malinconia.

Franco Fortini

Pseudonimo dello scrittore Franco Lattes (Firenze 1917 - Milano 1994); rifugiatosi durante la guerra, per ragioni razziali, in Svizzera, partecipò alla Resistenza in Val d'Ossola. La sua opera poetica, nata all'insegna dell'ermetismo, riuscì negli anni a conferire alla scontrosa severità di una ispirazione civile e politica una classica misura. [...] Nel ruolo di coscienza inquieta degli intellettuali di sinistra, dai tempi del Politecnico di Vittorini, del quale fu redattore, fino ai Quaderni piacentini, F. costituì un sicuro punto di riferimento per le giovani generazioni, applicando l'intelligenza penetrante del saggista a temi non soltanto letterarî ma anche politici e culturali.

Vittorio Sereni

Poeta (Luino 1913 - Milano 1983). Visse dal 1932 a Milano, laureandosi in Estetica con Banfi (1936); dopo aver insegnato nei licei (1937-1940), collaborò a "Corrente". Chiamato alle armi nel 1939, viene congedato nel settembre 1940 e richiamato nel 1941; fatto prigioniero nel 1943 in Sicilia, viene trasportato in Nord Africa (Algeria e Marocco), ove rimane prigioniero sino al luglio 1945. [...] La sua poesia prende le mosse dall'ermetismo, distinguendosi fin dall'esordio (Frontiera, 1941; ed. accr. Poesie, 1942; ed. defin. Frontiera, 1966) per un dettato sobrio e disincantato. Indicato da L. Anceschi (nell'antologia da lui curata La linea lombarda, 1952) come capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, S. approfondì il suo stile per "arte del levare": "Ogni eccedenza andata altrove. O spenta" (Fissità), in un esercizio vigile di coscienza ["Con dolcezza (Vittorio, / Vittorio) mi disarma, arma / contro me stesso me" (Paura seconda)]. Le sue essenziali raccolte (Diario d'Algeria, 1947, ed. accr. 1966; Gli strumenti umani, 1965; Stella variabile, 1979, ed. defin. 1981) si legano ai momenti salienti della propria vicenda umana, dalle esperienze di guerra e di prigionia agli anni dello sviluppo economico, vissuti con severo distacco critico (esemplare la polemica in versi con Fortini in Un posto di vacanza). Critico (Letture preliminari, 1973) e traduttore (Il musicante di Saint-Merry, 1981), S. scrisse anche prose che sono in stretto rapporto con la sua poesia (Gli immediati dintorni, 1962).

Carlo Bo

Critico letterario italiano (Sestri Levante 1911 - Genova 2001), dal 1939 prof. di lingua e letteratura francese nell'univ. di Urbino, della quale fu, dal 1950, rettore; dal 1984 senatore a vita della Repubblica. Si è occupato di letteratura italiana, francese, spagnola, specie contemporanea, svolgendo una intensa attività di critico militante (su Il Frontespizio, Letteratura, La Fiera letteraria, L'Europeo, Corriere della sera), dapprima come teorico e capofila dell'ermetismo, poi come rappresentante della letteratura di ispirazione cattolica.

RINASCITA DEL ROMANZO

Dal momento che il regime fascista proibiva la pubblicazione di testi eccessivamente critici nei confronti della situazione socio-economica italiana e censurava qualsiasi manifestazione di dissenso, la narrativa realista di questi decenni assunse, di volta in volta, tratti psicologici (si pensi per esempio agli Indifferenti di Moravia), simbolici (il "realismo simbolico" di Vittorini e Gadda), fantastici (il "realismo magico" di Buzzati), per nascondere il vero obiettivo polemico che animava questi scrittori: la denuncia dell'arretratezza e dell'immobilismo culturale e morale in cui versava l'Italia sotto il regime fascista.

Corrado Alvaro

Scrittore e giornalista italiano (San Luca, Reggio di Calabria, 1895 - Roma 1956). Antifascista, collaborò al periodico Il mondo di G. Amendola e fondò il Sindacato nazionale scrittori. Scrisse romanzi (Vent'anni, L'età breve), ma fu soprattutto nella forma del racconto (Gente in Aspromonte) che trovarono l'espressione più appropriata le caratteristiche della sua scrittura, fatta di profonde e sofferte antinomie. [...] Nel suo primo romanzo, L'uomo nel labirinto (1926), seguito a parecchi anni di distanza alle Poesie grigioverdi (1917; n. ed. accresciuta, Il viaggio, 1942) con le quali aveva esordito, già sono annunciati o in via di sviluppo i suoi atteggiamenti più tipici e i motivi fondamentali della sua tematica: una sensualità tuttavia corsa da fremiti ancestrali, che gli fa vagheggiare quale eden originario un mondo elementare, primitivo, e una razionalità e moralità profonda che lo inducono a postulare la più rigorosa coerenza fra sentire, pensare, agire; una insofferenza per ogni soprastruttura imposta dalla civiltà industriale all'antica civiltà pastorale e contadina, e un'esigenza non meno tormentosa di uscire dalla propria terra, di emigrare verso i grandi centri urbani, verso il mondo moderno e meccanico, pur affascinante nella sua crudeltà; una propensione a rifugiarsi nell'incanto dei ricordi, specie d'infanzia, e un'aperta sollecitudine per i problemi sociali e culturali, per le sorti dell'umanità, della libertà, della giustizia. Antinomie che già sono, e più saranno, caratteristiche anche della sua scrittura, del suo gusto: il quale, per quella compresenza di lirismo e criticismo, di abbandono elegiaco e di risentitezza ideologica, di idillio, insomma, e di dramma, troverà la sua espressione più appropriata non tanto nella forma del romanzo [...] quanto in quella del racconto.

Ignazio Silone

Pseudonimo dello scrittore e uomo politico italiano Secondo Tranquilli (Pescina 1900 - Ginevra 1978). Partecipò alla fondazione del Partito comunista (1921), allontanandosene nel 1931. Attivo nel Partito socialista clandestino (1942), diresse le riviste «Europa socialista» (1946-47) e «Tempo presente» (1956-68). Scritti nel gusto della narrativa verista, partecipi della drammatica urgenza degli avvenimenti storici e nutriti di un sentimento acutissimo dei limiti della giustizia umana e del richiamo ai valori di un cristianesimo evangelico, i suoi romanzi più noti (Fontamara, ed. ted. 1933, ed. it. 1947; Pane e vino, ed. ingl. 1936, ed. ted. 1937, 1a ed. it. riveduta e col tit. Vino e pane, 1955) raffigurano per lo più situazioni e ambienti di paesi dell'Italia meridionale nel loro lento processo di redenzione sociale.

Massimo Bontempelli

Scrittore italiano (Como 1878 - Roma 1960); nominato, nel 1930, accademico d'Italia, fu in seguito tenuto dal regime in sospetto di antifascismo. Dal classicismo carducciano dei versi giovanili all'umorismo un poco panziniano dei primi racconti(Socrate moderno, 1908), al futurismo delle liriche de Il puro sangu (1919), al pirandellismo spinto fino all'automatismo dei personaggi dei racconti e dei romanzi successivi [...], al novecentismo, di cui si fece banditore nella rivista '900 (1926-29), al "realismo magico", l'opera del B. riflette il vario atteggiarsi del gusto, non soltanto italiano, nei primi decennî del Novecento. Ma la costante è data da un temperamento loico, anzi sofistico, ansioso di evadere in un mondo irrazionale, surreale; e se frequenti sono quindi nel B. le astrattezze e gli artifici, non rari sono i momenti in cui quel travaglio dell'intelligenza diventa creatore di nuovi miti poetici, in uno stile lucidissimo (La donna dei miei sogni, 1925 [...] Gente nel tempo, 1937, romanzo, forse la sua opera migliore [...]). Copiosi anche i suoi scritti polemici, critici, teorici, saggistici, fra cui: L'avventura novecentesca (1938); Pirandello, Leopardi, D'Annunzio (1938), e Verga, L'Aretino, Scarlatti, Verdi (1941), poi riuniti in Sette discorsi (1942) [...]. Fu anche compositore di musiche strumentali e autore di scritti di critica musicale, raccolti nel volume Passione incompiuta (1958)

Dino Buzzati

Scrittore e pittore di mondi fantastici
Le fantasie vissute quando era bambino non hanno mai abbandonato lo scrittore e pittore Dino Buzzati, che descrive terre lontane dove vivono personaggi inverosimili e dove accadono vicende altrettanto incredibili. Uno stile essenziale e concreto caratterizza la sua produzione ‒ romanzi, racconti brevi e poesie ‒ e rende possibile questo universo fantastico.
Nato a Belluno nel 1906, a quattordici anni Dino Buzzati-Traverso era un ragazzino coscienzioso e diligente, con un punto fermo: la passione per la montagna, una passione che non lo avrebbe mai abbandonato, alimentando la sua abitudine a fantasticare. Il piacere e poi il bisogno della letteratura nacquero così, liberamente, nutriti non tanto dalle sollecitazioni scolastiche, quanto semmai dal mondo immaginario dell'infanzia: quello delle estati trascorse nella villa di famiglia con il suo giardino incantato, delle passeggiate in campagna e dei tanti racconti leggendari e fantastici narratigli dalla governante. Sarà quindi la matrice fantastica della narrazione a segnare il suo esordio letterario che lo porrà da subito, anche per la scelta di un linguaggio colloquiale e quotidiano, in un'area appartata rispetto alla narrativa novecentesca degli anni Trenta, caratterizzata dal recupero del classicismo e da una rigorosa cura stilistica.

NEOREALISMO

Corrente letteraria che comincia ad affermarsi nella narrativa italiana intorno al 1930 (tra Gli indifferenti, 1929, di A. Moravia e Tre operai, 1934, di C. Bernari), con l’esigenza di una rappresentazione estremamente analitica, cruda, drammatica di una condizione umana travagliata dall’angoscia dei sensi, dalle convenzioni della vita borghese, dalla vacuità e noia dell’esistenza; e divenuta via via più aperta, specie dopo la Seconda guerra mondiale, alla critica del costume e alle istanze di un rinnovamento sociale maturate durante la Resistenza. Da notare che la ‘realtà’ perseguita dal n. è più vicina per certi aspetti all’introspezione e all’attenzione fenomenologica nei confronti del comportamento che non al ‘vero’ dei naturalisti ottocenteschi. Infatti gli antecedenti ideali del n. sono da cercare in M. Proust, J. Joyce, I. Svevo, L. Pirandello non meno che nei romanzieri russi e americani. Variamente atteggiato nei diversi scrittori, il n. va dall’estremo di una narrativa ‘priva di lirica’, risolta in personaggi, ambienti, situazioni (A. Moravia, V. Brancati, F. Jovine, C. Bernari ecc.), e in certi casi ‘documentaria’, all’altro estremo di una narrativa sostanzialmente lirica, di atmosfere (E. Vittorini, C. Pavese, V. Pratolini, P.A. Quarantotti-Gambini, R. Bilenchi, C. Cassola e G. Bassani).

Alberto Moravia

Alberto Moravia è stato il primo scrittore italiano che abbia fatto del romanzo uno strumento d’arte e insieme una forma di comunicazione più ampia, in rapporto diretto con l’evoluzione della società e con i problemi del tempo in cui visse. Molti dei suoi migliori romanzi e racconti sono incentrati sulla decadenza morale della classe borghese sotto il fascismo: un mondo torbido, dominato dalla frenesia del sesso e dall’indifferenza morale. «Tutto nella mia vita mi sembra casuale, tranne i libri che ho scritto», ha dichiarato Moravia. I libri sono stati la sua vita, il mezzo per svolgere un compito nella società a lui contemporanea. La grave malattia sofferta lungo l’infanzia e la prima giovinezza aveva probabilmente acuito la sua sensibilità, facendo venire alla luce un’acuta capacità di osservare il mondo.
Moravia è il nome d’arte di Alberto Pincherle, nato a Roma nel 1907 in una agiata famiglia borghese. Sul mondo della borghesia, osservato in modo impietoso, da vero critico della società, è costruito il romanzo che a ventidue anni lo ha reso famoso, Gli indifferenti.

Beppe Fenoglio

Scrittore italiano (Alba 1922 - Torino 1963). Prese parte, in Piemonte, alla lotta partigiana. Tale drammatica esperienza e il successivo smarrimento psicologico e sentimentale del reduce costituirono l'orizzonte obbligato entro cui doveva prendere corpo la sua vocazione narrativa, cui un precoce e vivacissimo interesse per la letteratura inglese, con le sue suggestioni culturali e linguistiche, poté fornire uno strumento espressivo estremamente personale. F. proiettò la propria personale frustrazione in una disincantata interpretazione dell'epica della resistenza, andando oltre il cronachismo ottimistico della poetica neorealista e puntando piuttosto sui violenti chiaroscuri di una vita ridotta ai contrasti elementari. Alla sua morte precoce, F. aveva tra l'altro pubblicato I ventitré giorni della città di Alba, 1952; La malora, 1954; Primavera di bellezza, 1959. Postumi sarebbero usciti Un giorno di fuoco, 1963; Una questione privata, 1965; Il partigiano Johnny, 1968; La paga del sabato, 1969; Un Fenoglio alla prima guerra mondiale, 1973; Racconti partigiani, 1976. [...]

Elio Vittorini

Scrittore italiano (Siracusa 1907 - Milano 1966). Autore agli inizi oscillante tra i toni di una memoria proustiana e quelli di un realismo spesso crudo, V. finì per elaborare una forma di racconto fra il reale e il simbolico, dove si avverte l'influsso dei narratori americani e dove una liricità quasi ermetica si accorda con il parlato proprio della rappresentazione oggettiva. [...] Nei suoi primi racconti (Piccola borghesia, 1931; Il garofano rosso, 1933-35, ma raccolto in vol. nel 1948; Nei Morlacchi - Viaggio in Sardegna, 1936) egli rimase ancora incerto fra i toni di una memoria proustiana e quelli di un realismo spesso crudo e documentario; ma con Conversazione in Sicilia (1941), cominciò a trarre dal mondo dei ricordi mitiche figurazioni della vita dell'uomo e soprattutto del mondo "offeso" dal male e anelante alla libertà degli istinti. E, insieme, cominciò ad attuare una forma di racconto fra il reale e il simbolico, fra la memoria e la fantasia, fra l'intonazione umoresca e il clima tragico, dove ben si avverte l'influsso di quei narratori americani, da Faulkner a Saroyan, di cui egli è stato assiduo traduttore; e dove, appunto, nei modi di una "confessione" cantilenante e iterativa, si accordano spesso le esigenze del racconto puro. Dopo Uomini e no, romanzo ispirato alla Resistenza italiana, nel quale l'immediatezza del contenuto lo portava a estreme crudezze verbali, V. ritrovò in parte questo accordo nel racconto Il Sempione strizza l'occhio al Fréjus (1947), nel romanzo Le donne di Messina e nel racconto La garibaldina (pubbl. con Erica e i suoi fratelli, 1956).

Carlo Levi

Pittore e scrittore italiano (Torino 1902 - Roma 1975). Laureato in medicina, fin dal 1923 si dedicò alla pittura frequentando lo studio di F. Casorati. Amico di P. Gobetti e dei fratelli Rosselli, accanto all'opposizione politica L. maturò il suo percorso artistico, soprattutto dopo un soggiorno a Parigi (1927-28), guardando alle esperienze europee postimpressioniste. Fece parte del gruppo dei Sei e, in netta antitesi al più vieto accademismo del Novecento, elaborò nelle sue opere (ritratti, nature morte) un acceso e vibrante linguaggio espressionista che rimase costante, seppure piegato a più esplicite istanze realistiche, nella sua successiva produzione che si allarga anche al paesaggio. La sua opera più importante di scrittore, Cristo si è fermato a Eboli (1945), nata dai ricordi di confinato in Lucania, è il ritratto morale, sociale, ma soprattutto poetico di una gente e di un paese, il racconto veridico e pur favoloso di un viaggio alle origini della civiltà, compiuto a contatto di quelle misere popolazioni. E questa capacità artistica di armonizzare figure e paesaggio in una atmosfera "mitica" si ritrova anche nei migliori episodî del volume L'orologio (1950) [...]

Vasco Pratolini

Scrittore e sceneggiatore italiano (Firenze 1913 - Roma 1991). Considerato uno dei maggiori scrittori italiani del secondo Novecento, alcuni dei racconti e romanzi di Pratolini, rappresentano il momento migliore della tradizione realista e, in parte, neorealista.[...] Nei primi suoi racconti ([...] riuniti, con altri, sotto il titolo Diario sentimentale, 1956), ispirati da ricordi della sua adolescenza e da un trepido interesse per la vita dei poveri, del popolo minuto della propria città e quartiere, sono già presenti i due modi e toni fondamentali della sua narrativa; l'uno di memoria lirica, per cui la realtà anche più cruda, la «cronaca» intima più sanguigna, vengono trasposte in prospettive vagamente elegiache; l'altro di un realismo più disincantato o risentito, che sembra contaminare la tradizione toscana (dal bozzettismo ottocentesco a Tozzi, Cicognani, Pea) con la lezione di certa narrativa americana. [...] Finché in Metello (1955), primo tempo di «Una storia italiana», quei modi e toni riescono a trovare una loro felice convergenza dando luogo, più che a un romanzo, a un ampio affresco di vita collettiva e individuale, sociale e sentimentale.

Carlo Cassola

Scrittore italiano (Roma 1917 - Montecarlo, Lucca, 1987), dimorò a lungo nel Volterrano, dove prese parte alla Resistenza; per molti anni fu professore di liceo a Grosseto. La sua narrativa appare dominata dal motivo della solitudine dell'individuo e della pena di vivere, cui è unico conforto il senso della solidarietà umana: motivo che si è via via arricchito di modulazioni, come nei racconti lunghi o romanzi Il taglio del bosco (1953),Il soldato (1958), Un cuore arido (1961), spesso confluendovi quello ispirato, appunto, alla Resistenza (Fausto e Anna, 1952, 2a ed. 1958; [...] La ragazza di Bube, 1960, il suo romanzo forse di maggiore impegno). E i modi di tale narrativa sono di un realismo asciutto, "oggettivo", riallacciantesi alla tradizione toscana, ma depurato, secondo la lezione di Tozzi e di Bilenchi, d'ogni manierismo bozzettistico, anche se non immune dal pericolo di una certa aridità cronachistica ([...] Storia di Ada, 1967; [...]), e più "drammatico" che lirico, articolato com'è in dialoghi spesso intonati all'umile livello dei parlanti. Anche negli anni che hanno visto la crisi del romanzo, Cassola continuò a mostrare la propria predilezione per questo genere letterario: [...] L'uomo e il cane (1977)[...]. L'attività saggistica diventò centrale nella sua produzione dopo che si impegnò attivamente in senso antimilitarista [...].

Primo Levi

Scrittore (Torino 1919 - ivi 1987). Ha offerto una delle più alte testimonianze sulla tragica realtà dei lager in Se questo è un uomo (1947), dove ha descritto la sua esperienza di ebreo deportato ad Auschwitz; la sua successiva produzione ha indagato il mondo della produzione industriale, volgendosi poi nuovamente al tema delle persecuzioni razziali (Se non ora, quando?, 1982; I sommersi e i salvati, 1986).
Di professione chimico, si rivelò nel campo letterario con Se questo è un uomo, uno dei più cospicui esempî della letteratura europea sulla realtà dei lager: Levi vi narrava, in un tono tanto più drammaticamente icastico quanto più distaccato, le sue esperienze di ebreo deportato ad Auschwitz (marzo 1944 - genn. 1945). La liberazione e l'avventuroso ritorno in patria sono i temi del successivo La tregua (1963), mentre alla letteratura d'invenzione appartengono Storie naturali (1966, pubbl. con lo pseudonimo di Damiano Malabaila) e Vizio di forma (1971), raccolte di racconti apparentemente fantascientifici, ma sostanziati dalla medesima problematica morale dei libri precedenti.

Cesare Pavese

Scrittore italiano (Santo Stefano Belbo 1908 - Torino 1950). Pavese ha svolto un ruolo essenziale nel passaggio tra la cultura degli anni Trenta e la nuova cultura democratica del dopoguerra. La sua partecipazione al presente si è sempre legata a un profondo senso della contraddizione tra letteratura e impegno politico, tra esistenza individuale e storia collettiva, attraverso una tormentosa analisi di sé stesso e dei rapporti con gli altri e una ininterrotta lotta per costruirsi come uomo e come scrittore.
I suoi inizi di poeta, ma di una poesia (Lavorare stanca, 1936) che, nata in clima ermetico-decadente, tende a superarne l'ossessivo soggettivismo mediante la proiezione oggettiva di quelli che sono e più saranno i temi di fondo di Pavese: la ricerca di contatti umani, di incontri con la realtà quotidiana, di reimmersione nel mondo rurale da cui proviene, a difesa dalla meccanicità della vita cittadina, dalla solitudine interiore e dal congiunto pensiero della morte. Oggettivazione che, dal giro largo del verso (sull'esempio, appunto, di Whitman) alla discorsività del tono, già porta alla narrativa: e la sua opera successiva è infatti di narrazioni brevi o lunghe (non di romanzi propriamente detti) improntate a un realismo che, se risente della lezione verghiana, e più di quella letteratura nord-americana di cui frattanto P. si era fatto traduttore e introduttore (con Vittorini) in Italia, ha però profonde radici in quel suo amore di piemontese per la propria terra, per il linguaggio della sua gente, specie a livello contadino o operaio, da cui egli mutua vocaboli e cadenze per il frequente, agile «parlato» dei suoi racconti. Un realismo che peraltro non va disgiunto da una schietta vena di lirismo, scaturente da una memoria che, facendo centro sull'infanzia, s'innalza all'assoluto, al mito o sfocia nel simbolo; onde la sua narrativa, dopo un primo, violento balzo (quasi in polemica con la letteratura tradizionale) nel verismo più crudo, all'americana (Paesi tuoi, 1941), si svolgerà nell'alternativa di questi modi, da La spiaggia (1942) a Feria d'agosto (1946), da Il compagno (1947) e Dialoghi con Leucò (1947) a La luna e i falò (1950) [...].

Natalia Ginzburg

Scrittrice italiana (Palermo 1916 - Roma 1991); sposò in prime nozze L. Ginzburg, in seconde G. Baldini. Formatasi nell'ambiente degli intellettuali antifascisti torinesi, esordì nel 1942 con un racconto lungo, La strada che va in città, uscito, per ragioni razziali, con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte; pubblicò poi altri racconti lunghi [...], alcuni romanzi (Tutti i nostri ieri, 1952; [...]), due volumi fra il saggio e il racconto autobiografico (Le piccole virtù, 1962; Lessico famigliare, 1963) e uno che si colloca invece tra il saggio e il romanzo (La famiglia Manzoni, 1983). La sua narrativa, che per qualche aspetto risente di quella di C. Pavese, mira a rendere con distacco oggettivo una realtà quotidiana, quasi di cronaca, colta nel suo fluire; ed è venuta approfondendo in senso psicologico il proprio campo d'osservazione etico-sociale, che ha al centro una o più figure di donne "sacrificate", ma accettanti animosamente il loro destino. La G. scrisse anche per il teatro ([...] riunite nei voll. Ti ho sposato per allegria e altre commedie, 1966, e Paese di mare, 1973) e pubblicò raccolte di articoli e saggi [...]. Dopo le Opere (2 voll., 1986-87), sono apparsi la commedia L'intervista (1989) e il breve saggio Serena Cruz e la vera giustizia (1990). Dal 1983 fu deputata della Sinistra indipendente.

SPERIMENTALISMO: Pasolini e Gadda

Una delle reazioni al Neorealismo si tradusse in un'esigenza di sperimentazione linguistica che trovò esponenti più significativi in Gadda e Pasolini. Gadda nel romanzo "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", riesce a creare una lingua antiletteraria mescolando dialetti e linguaggi specialistici ("pastiche"), facendo convivere tratti satirici, comico-grotteschi e filosofici. Un altro narratore sperimentale e fuori dagli schemi è anche il veneto Meneghello peraltro isolato rispetto a tendenze e correnti.

Carlo Emilio Gadda

L'ingegnere che ha costruito una lingua
Con il suo particolare stile linguistico, Carlo Emilio Gadda ha rinnovato il panorama del Novecento letterario italiano. Nelle sue opere unisce le esperienze autobiografiche all'analisi minuziosa e grottesca della società a lui contemporanea.
Carlo Emilio Gadda nasce nel 1893 a Milano. A sedici anni perde il padre e inizia una vita da adulto, segnata negli anni dal complesso rapporto con la madre, Adele Leher, insegnante con una forte vocazione pedagogica. L'ambiente e le esperienze familiari hanno un'influenza decisiva sul temperamento timido e riflessivo di Carlo Emilio, sulle sue scelte e poi sulle tematiche delle sue opere letterarie. Da studente divora libri di ogni genere e primeggia sia nelle discipline letterarie sia nelle scientifiche. Si iscrive al Politecnico di Milano, ma interrompe gli studi per partecipare alla Prima guerra mondiale. Dalla vita in trincea nasce il Giornale di guerra e di prigionia, scritto tra il 1915 e il 1919 ma pubblicato parzialmente solo nel 1955. Nel diario Gadda s'interroga sulle cause degli errori militari e delle meschinità umane, avviando un progetto letterario interessato soprattutto ad analizzare le ragioni profonde che regolano i molteplici aspetti dell'esistenza. In questa prima produzione, anche la ricerca stilistica e linguistica è caratterizzata da soluzioni di grande interesse, che renderanno l'opera dello scrittore un caso letterario nel panorama novecentesco.

Pier Paolo Pasolini

Scrittore, poeta, autore e regista cinematografico e teatrale italian (Bologna 1922 - Ostia, Roma, 1975). Dopo aver seguito nell'infanzia gli spostamenti del padre, ufficiale di carriera, compì gli studî a Bologna, dove si laureò nel 1945 con una tesi su Pascoli. Nel 1943 si trasferì nel paese materno di Casarsa della Delizia, in Friuli, con la madre e il fratello minore Guido, morto poi nella lotta di resistenza (il padre, fatto prigioniero in Africa, sarebbe tornato alla fine del 1945), e vi rimase fino al genn. 1950, quando, per sfuggire allo scandalo provocato dalla pubblica denuncia della sua omosessualità, si stabilì con la madre a Roma. Da questo momento la sua vicenda biografica coincide appieno con la tumultuosa attività dello scrittore, del regista e dell'intellettuale impegnato a testimoniare e a difendere, spesso anche in sede giudiziaria, la propria radicale diversità, fino alla morte per assassinio, avvenuta la notte tra il 1° e il 2 nov. 1975 all'idroscalo di Ostia.
[...] L'edizione delle Opere di Pasolini colloca la sua opera tra i classici del secondo Novecento. E a ragione, poiché solo Pasolini (come D'Annunzio e più di Pirandello) ha sperimentato tutti i generi della creazione del XX secolo: romanzo e novella, teatro e cinema, critica letteraria e saggistica politica, e non meno la poesia. Già questa semplice ragione di "generi" crea un singolare accostamento: D'Annunzio, Pirandello, Pasolini, un essere nel proprio tempo, nel quale la retorica - strumento dell'argomentare, del persuadere, dell'insegnare, leva essenziale di ogni "passione e ideologia" - è esibita, non velata, non nascosta, non lenita da strumenti di "sordina". Sì che non pare ardito oggi dire che Pasolini è stato per l'ultimo Novecento il rovesciamento speculare di quello che fu D'Annunzio all'ouverture del XX secolo [...].

NEOAVANGUARDIA POETICA

Negli anni sessanta la necessità di sperimentare nuovi linguaggi porta alla nascita della Neoavanguardia, anticipita dall'esperienza delle riviste «Officina» e «Il Verri». Gli autori della Neoavanguardia guardano come modello all'antologia poetica I Novissimi (1961) e al saggio Opera aperta (1962) di Umberto Eco. Nel 1963 si riuniscono in un movimento col nome di Gruppo 63 e sono accomunati dalla denuncia della massificazione e dell'alienazione dell'uomo nella società capitalistica. Dal punto di vista formare tale denuncia si traduce in una ricerca di soluzioni accomunate dalla volontà di rottura con la tradizione, ottenuta attraverso la poetica della non-significanza, che si esprime con collages verbali, non-sense e lo scardimento delle strutture sintattiche tradizionali. Tra i poeti del Gruppo 63 una delle posizioni più interessanti è quella di Elio Pagliarani che, col poemetto "La ragazza Carla", delinea un qyadro della vita moderna espresso in frammenti linguistici provenienti dal mondo della politica, della burocrazia e della pubblicità. Edoardo Sanguineti accosta segmenti ricavati dai linguaggi specialistici a reperti di lingue antiche, greco e latino medievale. La destrutturalizzazione del linguaggio arriva ai risultati più estremi con Nanni Balestrini e Antonio Porta e con la poesa di Amelia Rosselli, caratterizzata dall'uso frequente di neologismi e dalla ricerca di una lingua priva di codici.

Giorgio Caproni

Poeta italiano (Livorno 1912 - Roma 1990). La sua poesia, formatasi nell'ambito dell'ermetismo ma con ascendenze al vocianesimo ligure (da Sbarbaro a Boine), ha mirato a immettere nelle rarefazioni analogiche, proprie del primo, il lievito di un autobiografismo tra risentito e gentile, tra alacre ed elegiaco, e nei modi della poetica della parola quelli della poesia tradizionale, trovando la sua soluzione più felice in un tono medio, di canzonetta fra classica e popolareggiante (Come un'allegoria, 1936; [...] e il volume complessivo Poesie 1932-1986, 1989). In prosa ha scritto un diario di guerra (Giorni aperti, 1942), altre pagine evocative (Il gelo della mattina, 1954), racconti (Il labirinto, 1984). Ha tradotto finemente opere di Apollinaire, Proust, Céline, Cendrars. Una nuova raccolta di poesie, in parte già preparata dall'autore, è uscita postuma a cura di G. Agamben (Res amissa, 1991)

Mario Luzi

Poeta e saggista italiano (Firenze 1914 - ivi 2005); ha insegnato letteratura francese nell'università di Firenze. Fin dall'esordio (La barca, 1935), recò nella cultura poetica dell'ermetismo una più risoluta opzione per il "passo profondo" del tempo umano. Alle raccolte apparse negli anni Quaranta ([...] Quaderno gotico, 1947), che mostrano la solitudine di "parole esiliate" e pur raccolte in solidarietà cristiana, seguirono Primizie del deserto (1952), Onore del vero (1957) e Nel magma (1963), in cui la quête dell'essenza e dell'interiorità s'intreccia con il mistero dell'apparire: "È una vaga figura, non ha requie... / […] per vie cupe ove niente vive più, / niente se non la speranza del tuono", ed unisce alle figure dell'Attesa un febbrile profetismo verso il punto Omega (secondo la lezione di Teilhard de Chardin). Nelle ulteriori raccolte [...] si precisa il ritmo e matura la forma di una poesia corale, "la parola all'unisono di vivi / e morti, la vivente comunione / di tempo e eternità [che] vale a recidere / il duro filamento d'elegia". Nella crisi sociale e politica degli "anni di piombo" culminata nella morte di Aldo Moro, sua è la più vibrante protesta morale: "Muore ignominiosamente la repubblica. / Ignominiosamente la spiano / i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti". [...]

Edoardo Sanguineti

Scrittore e critico italiano (Genova 1930 - ivi 2010); prof. di letteratura italiana nelle univ. di Torino e Salerno, dal 1974 al 2000 ha insegnato nell'univ. di Genova di cui è stato prof. emerito; deputato dal 1979 al 1983. Antesignano e quindi esponente di spicco della neoavanguardia, è stato tra i 5 poeti presenti nell'antologia curata da A. Giuliani I novissimi (1961) e tra i fondatori del Gruppo 63. Risalgono a questo periodo opere arditamente sperimentali come le poesie di Laborintus (1956), Erotopaegnia (1960), Purgatorio de l'Inferno (1963), T.A.T. (1968), i romanzi Capriccio italiano (1963), Il giuoco dell'oca (1967), Il giuoco del Satyricon (1970), nonché gli scritti in cui Sanguineti si impegnò a rintracciare i precedenti primonovecenteschi della neoavanguardia e a rivendicare il valore politico dell'eversione linguistica e letteraria [...].

Amelia Rosselli

Poetessa (Parigi 1930 - Roma 1996), figlia di Carlo e di madre inglese. Vissuta in Francia (fino al 1939), quindi in Inghilterra e negli USA, si trasferì in Italia nel 1946, stabilendosi a Roma nel 1950. La formazione irregolare, cosmopolita e plurilingue (si veda il vol. dei Primi scritti 1952-1963, 1980, in inglese, francese e italiano) contribuì a orientare la sua scrittura verso una sorta di sperimentalismo naturale, più prossimo al surrealismo francese e alla poesia anglosassone che alle coeve esperienze delle neoavanguardia italiana. Il suo linguaggio, caratterizzato soprattutto nelle prime raccolte da frequenti violazioni della norma grammaticale, sintattica e perfino ortografica, mentre si vale di ardite e imprevedibili associazioni per esprimere una materia dolorosa al limite dell'inafferrabile, è governato da una straordinaria competenza prosodica, frutto anche degli studî musicali a lungo coltivati dall'autrice. Ha pubblicato Variazioni belliche (1964, con uno scritto tecnico, Spazi metrici); Serie ospedaliera (1969); Documento, 1966-1973 (1976); Impromptu (1981); Appunti sparsi e persi (scritti di vario tipo, 1983); Antologia poetica (1987, a cura di G. Spagnoletti); Sleep. Poesie in inglese (1992, trad. it. a fronte), che raccoglie poesie composte tra il 1953 e il 1966. Morì suicida. Nel 2012 è stato pubblicato a cura di S. Giovannuzzi il volume Opera poetica.

POESIA CONTEMPORANEA

Una posizione lontana sia dall'Ermetismo sia dalle poetice della Neoavanguardia, riconducibile alla linea sabiana, è quella degli autori della cosiddetta "linea lombarda", definizione che si deve al critico Luciano Anceschi, che accomuna autori dell'ambiente culturale milanese. È una corrente che guarda agli aspetti minimi della realtà, adottando un linguaggio antilirico, a volte dimesso e ironico e caratterizzata da una componente civile. Tra i suoi esponenti più significativi ricordiamo Vittorio Sereni, considerato il caposcuola, Luciano Erba, Giovanni Raboni e Giovanni Giudici. Anche altri poeti, pur rimanendo ai margini dell'esperienza neoavanguardista, cercano di creare un proprio linguaggio. Tra questi Andrea Zanzotto, che affronta il tema dell'insanabile frattura fra l'individuo e la realtà che lo circonda, vista come labirinto indecifrabile. La sua vocazione sperimentale spesso conduce a esiti preziosi e volutamente oscuri. Milanese, ma non riconducibile agli autori della "linea lombarda" è Alda Merini, la cui vita è stata segnata da un lungo internamento in manicomio, che l'ha portata a elaborare una poesia fatta di "sensazioni" che si ispira a frammenti di vita.

Andrea Zanzotto

Poeta italiano (Pieve di Soligo 1921 - Conegliano 2011). La poesia di Z. s'inscrive nelle tracce e memorie del suo paese di nascita: "qui non resta che cingersi intorno il paesaggio", contemplato in Filò. Laureato in lettere a Padova nel 1942, e a lungo insegnante di scuola media, raramente si allontana dal suo altopiano, dalle tracce del "petèl", mentre la sua cultura, le traduzioni, la saggistica, di ampi orizzonti europei, rendono più vivida la sua "ignarità che brucia pur di estreme sapienze" (Ligonàs, 1998).
[...] I "due poli contrapposti della tradizione letteraria nel nostro Novecento" - Artaud e Mallarmé - indicati da Z. nella sua Testimonianza su Ungaretti (ora in Fantasie di avvicinamento) sono ben presenti anche nella sua propria poetica, nella sua lingua: da un lato l'impegno strenuo di Mallarmé a risolvere il mondo in scrittura, "a cancellare la propria corporeità spostandola tutta sul lato della dissoluzione del corporeo nel verbale", a costo anche della "tautologia assoluta" o dell'"esplosione del testo", come appunto nel Coup de dés; dall'altro la 'matericità' di Artaud, il testo come "spostamento, slogamento, lacerazione di elementi corporei": "ogni espressione, come tale, è sanguinolenta". Un "Fuori idioma": un dire di "aghi di mutismi", un depositarsi 'sindonico' del dolore del mondo; e, come in Michaux, "l'acre acume di un'anima che si dissolve in vampe, in grumi, in meccanismi, che si concede e si fa campo di battaglia, che si lascia succhiare dall'interno e dall'esterno, pluralizzare, deformare in incubo: e che, tuttavia, continuamente si nega a queste operazioni, e sta tutta raccolta in se stessa" (Michaux, il buon combattente).

Alda Merini

Poetessa italiana (Milano 1931 - ivi 2009). Annoverata tra le maggiori voci poetiche del Novecento, esordì con due liriche pubblicate da G. Spagnoletti nell'Antologia della poesia italiana 1909-1949 (1950); nello stesso periodo frequentò G. Manganelli e S. Quasimodo. Al 1953 risale il suo primo volume di versi, La presenza di Orfeo, in cui già si manifesta l'intreccio di temi erotici e mistici caratteristico della sua produzione. Dopo Tu sei Pietro (1961) ebbe inizio un silenzio artistico durato vent'anni. Nel 1984 diede alle stampe una delle raccolte più importanti, La Terra Santa, seguita da L'altra verità. Diario di una diversa (1986). Con Ballate non pagate (1995) ha vinto il premio Viareggio. Ha pubblicato ancora: Clinica dell'abbandono (2003), in due volumi che raccolgono poesie scritte negli anni Novanta e componimenti successivi; Nel cerchio di un pensiero (teatro per voce sola) (2005), raccolta di poesie dettate per telefono a M. Campedelli; La carne degli angeli (2007). Autrice anche di prose (tra le quali Delirio amoroso, 1989; La vita facile, 1996), Alda Merini ha ottenuto vari riconoscimenti ed è stata candidata al premio Nobel per la letteratura dall'Académie française (1996) e dal Pen Club Italiano (2001).

CRISI DEL NEOREALISMO

A partire dalla seconda metà degli anni cinquanta la letteratura italiana entrò in una nuova fase, non più prevalenemtente caratterizzata dall'impegno e dall'interesse per la realtà politica e sociale. Il boom economico e la fine del mito dell'Unione Sovietica contribuirono alla crisi del Neorealismo. Gli autori di questo periodo svilupparono poetiche personali. Si distinsero Sciascia, Bassani, Tommasi di Lampedusa e Morante, che incontrarono con i loro romanzi notevole successo di pubblico. Sciascia, con un uso innovativo del romanzo giallo, fece conoscere la mafia al grande pubblico, attraverso le sue opere, soprattutto "Il giorno della civetta". Bassani, Tommasi di Lampedusa e Elsa Morante, pur essendo autori molto diversi, condivisero il rifiuto della storia, vista non come portatrice di progresso e innovazione ma come violenza e sopraffazione, specie sui ceti più deboli.

Leonardo Sciascia

Scrittore (Racalmuto 1921 - Palermo 1989). Dall'esperienza d'insegnante nelle scuole elementari del suo paese trasse ispirazione per un fortunato racconto-inchiesta, Le parrocchie di Regalpetra (1956), in cui coglieva acutamente le radici storico-sociali dell'arretratezza siciliana. Successivamente, senza trascurare una vena saggistico-libellista, di dichiarata ascendenza illuministica [...], ottenne un crescente successo di pubblico con una serie di romanzi brevi di ambientazione prevalentemente siciliana (Il giorno della civetta, 1961; A ciascuno il suo, 1966; Il contesto, 1971; Todo modo, 1974; Una storia semplice, 1989), in cui la denuncia del sistema di connivenze di cui godeva la mafia coinvolgeva la politica nazionale e alludeva alla diffusione incontenibile della mentalità mafiosa. Investì poi la sua penetrante immaginazione inquisitoria nella ricerca storiografica (Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, 1971; La scomparsa di Majorana, 1975 [...]) fino a misurarsi con la tragica attualità del terrorismo (L'affaire Moro, 1978), anche come relatore di minoranza nella commissione parlamentare d'inchiesta sull'assassinio di A. Moro e sul terrorismo in Italia (era stato eletto alla Camera dei deputati nel 1979 nelle liste del Partito radicale). La nobiltà della sua prosa letteraria, che nella struttura classica del discorso ricercava la lucidità e la precisione illuministiche, ha rischiato di scadere in maniera in molte delle ultime prove (La strega e il capitano, 1986; [...] Il cavaliere e la morte , 1988). [...]

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Scrittore italiano (Palermo 1896 - Roma 1957). Di famiglia nobile, compose saggi e racconti che non diede però alle stampe. Enorme successo in Italia e all'estero ebbe un suo romanzo, Il gattopardo, pubblicato postumo (1958), che, ambientato in Sicilia all'epoca dello sbarco dei Mille e del trapasso di regime, si caratterizza per l'equilibrio tra l'invenzione e l'evocazione, tra il reale e il favoloso.[...] Buon conoscitore di varie lingue e letterature moderne, oltre alle classiche, lasciò inedito, tra le altre opere, anche il Il gattopardo, concepito nel corso di un lungo periodo di tempo e scritto poco prima di morire, che, per il vasto successo riscosso costituì un singolare caso letterario (nel 1963 L. Visconti ne trasse il celebre film omonimo). La narrazione s'impernia sulla figura del principe Fabrizio Salina, un aristocratico illuminato, in cui T. ha in parte evocato la figura del bisavolo paterno, ma soprattutto ha ritratto sé stesso, nella sua più segreta intimità. Di qui il denso contrappunto critico, psicologico e morale che sigla l'unità lirica del racconto, scandito in episodi staccati, in bilico tra la narrazione propriamente detta e il saggio. [...]

Giorgio Bassani

Scrittore italiano (Bologna 1916 - Roma 2000); visse a Ferrara fino al 1943, e si trasferì poi a Roma, dove fu redattore della rivista di letteratura internazionale Botteghe oscure (1948-60); dal 1958 al 1963 diresse la "Biblioteca di letteratura" dell'editore Feltrinelli, pubblicandovi, fra l'altro, Il Gattopardo di G. Tomasi di Lampedusa; fu vicepresidente della RAI (1964-66) e presidente dell'associazione Italia Nostra (1966-80). Gran parte della sua narrativa è volta alla raffigurazione della vita ferrarese, e soprattutto della comunità ebraica (cui egli stesso apparteneva) di quella città, durante il fascismo, fino alle persecuzioni razziali, alla guerra e alla Resistenza; raffigurazione che tende a un "classico" rigore espressivo, sorretta da una memoria che non è solo evocativo-elegiaca, ma giudicatrice di dati e di fatti, come nei volumi di racconti [...] poi confluiti in Cinque storie ferraresi (1956); i romanzi Gli occhiali d'oro (1958) e Il giardino dei Finzi Contini (1962). Nelle opere successive [...] limitando l'elemento ferrarese a sfondi e scorci, e quello ebraico a una sorta di "antefatto" psicologico-morale, Bassani tende ad approfondire il motivo, che è alla radice di tutta la sua tematica, del perenne conflitto tra realtà e illusione, verità ed errore, cui solo la morte dà tregua. Temi e accenti della narrativa ricorrono anche nelle sue raccolte di poesie, d'intonazione tra ermetica e crepuscolare: Storie dei poveri amanti [...].

Elsa Morante

Scrittrice italiana (Roma 1912 - ivi 1985). Assai presto si rese indipendente con collaborazioni a giornali e riviste, allontanandosi da una complicata situazione familiare. Visse a lungo con A. Moravia, che aveva conosciuto nel 1936 e sposato nel 1941 (se ne separò definitivamente nel 1962). Un naturale talento di affabulazione, che si rivelò fin dalle giovanili collaborazioni al Corriere dei piccoli e dal racconto per ragazzi [...] fu il tratto più peculiare della sua personalità, forse non solo letteraria. Esplicitamente dichiarata nei primi racconti [...] questa centralità della fantasticheria, che da strumento diviene ragion d'essere, valore da difendere e discrimine decisivo tra la sua narrativa e il mondo, ispirò alla Morante le opere maggiori, Menzogna e sortilegio (1948) e L'isola di Arturo (1957), due romanzi di largo respiro, in cui il modello realistico di stampo ancora ottocentesco viene restituito a un'inesauribile produttività di invenzioni. All'età della fantasia, alla gelosa intimità e all'assoluta dedizione sentimentale dell'adolescenza sono dedicati i racconti [...] raccolti nel volume Lo scialle andaluso (1963), mentre nella raccolta di versi Il mondo salvato dai ragazzini e altri poemi (1968) [...] l'originario slancio lirico si corregge e si complica in un'istanza anarchico-utopica involontariamente estetizzante. La rivolta anarchica e populistica contro le trame della Storia di cui gli umili sono inconsapevoli vittime ispira l'ambizioso progetto del romanzo La Storia (1974), con cui la Morante spinge la ormai obsoleta poetica del neorealismo ai suoi forse prevedibili effetti melodrammatici, suscitando, oltre a vivaci polemiche, un enorme interesse di pubblico. [...]

NARRATIVA POSTMODERNA

Secondo la letteratura postmoderna è impossibile comunicare contenuti nuovi in un linguaggio nuovo. Gli autori postmoderni adottano uno stile ironico e soggettivo che rifiuta l'impersonalità e fanno un ampio uso della contaminazione (di generi, di elementi narrativi, di stili). In Italia i principali rappresentanti della letteratura postmoderna furono Calvino (Se una notte di inverno un viaggiatore) ed Eco (Il nome della rosa). A partire dagli anni ottanta la narrativa italiana è influenzata dalla domanda, da parte di lettori non specialisti, di opere di paraletteratura. Tra le principali tendenze della narrativa contemporanea ricordiamo:

  • la narrativa "alta", sia per lo stile sia per i contenuti, rappresentanta per esempio da Bufalino (Diceria dell'untore);
  • una produzione caratterizzata dall'impegno politico (Tabucchi, Sostiene Pereira);
  • il romanzo storico (Vassalli, Malerba);
  • scrittura autobiografica (Busi, Pontiggia);
  • la narrativa fantastica e surreale (Benni, Baricco);
  • la narrativa cinematografica (De Carlo);
  • la narrativa "pulp" (Ammaniti, Brizzi);
  • il genere poliziesco (Camilleri, Lucarelli);

Italo Calvino

Scrittore (Santiago de Las Vegas, Cuba, 1923 - Siena 1985). Narratore tra i più significativi del Novecento italiano, nella costellazione letteraria disegnata dalle sue numerose opere si ibridano compiutamente vocazioni e temi diversi, dall'impronta neorealistica degli scritti iniziali a quella allegorico-fiabesca della produzione più matura. Nella sua prosa, dove sono accolte e filtrate le più alte suggestioni del panorama letterario coevo e dove lo scrittore si rivela spregiudicato sperimentatore di linguaggi e generi, alla lucidità della descrizione analitica fanno da costante contrappunto il lirismo e l'ironia, sostanziati da una riflessione profonda e disingannata sul senso ultimo dell'esistenza umana. Tra le sue opere principali: Il visconte dimezzato (1952); Il barone rampante (1957); Il cavaliere inesistente (1959); Le città invisibili (1972); Sotto il sole giaguaro (1986). [...]

TRECCANI SCUOLA  • La vita
(durata 7'38)
TRECCANI SCUOLA  • Temi e pensieri
(durata 10'28)
Video-Bigini*  • Calvino e il Neorealismo
*È necessario registrarsi al sito: www.videobigini.it

Umberto Eco

Saggista, scrittore, filosofo e linguista italiano (Alessandria 1932 - Milano 2016). Autorevole studioso di semiotica, scienza nella quale ha visto l'icona di un sapere interdisciplinare, è anche brillante pubblicista e scrittore, autore di numerosi saggi e di alcuni romanzi di grande successo, fra i quali spicca Il nome della rosa (1980), giallo filosofico di ambientazione medievale. [...]

Gesualdo Bufalino

Scrittore (Comiso 1920 - Vittoria, Ragusa, 1996). Esordì al termine di una lunga carriera di insegnante con il romanzo Diceria dell'untore (1981), ambientato in un sanatorio siciliano ove sono ospitati reduci della seconda guerra mondiale, che lo rivelò scrittore di ricca invenzione stilistica e di notevole capacità di osservazione. Le opere successive hanno confermato tali qualità, arricchendo il registro dell'autore di toni che svariano dall'elegiaco all'ironico: Museo d'ombre (1982), prose di memorie [...]. Della ricca produzione degli ultimi anni vanno almeno ricordati: Qui pro quo (1991), divertito omaggio al genere poliziesco; Il Guerrin meschino: frammento di un'opra dei pupi (1993); le pagine dedicate alla Sicilia e alla figura di Sciascia nel volume Il fiele ibleo (1995); il romanzo Tommaso e il fotografo cieco ovvero Il patatràc (1996), ove vengono sperimentate nuovamente soluzioni vicine al poliziesco classico, ancorché calate in un tessuto narrativo nutrito, come spesso in B., di echi autobiografici e allusioni colte. Al 1996 risale anche l'edizione definitiva, accresciuta dalle Senilia, della raccolta poetica L'amaro miele [...].

Antonio Tabucchi

Scrittore italiano (Pisa 1943 - Lisbona 2012); prof. di letteratura portoghese nell'univ. di Siena. Nel suo primo romanzo Piazza d'Italia (1975), presentato come "favola popolare", ha coniugato una scanzonata inventiva con un'appassionata ispirazione civile. Ha poi pubblicato volumi di racconti [...] e romanzi (Notturno indiano, 1984; [...] Sostiene Pereira, 1994; La testa perduta di Damasceno Monteiro, 1997) nei quali è riuscito a condensare sempre meglio storia e fantasia in una sigla inconfondibile di nitore costruttivo e finezza intellettuale. Per il teatro ha scritto I dialoghi mancati (1988). Ha curato un'antologia dell'opera di F. Pessoa (Una sola moltitudine, 2 voll., 1979-84), autore al quale ha dedicato gran parte della propria attività di studioso. [...]

Stefano Benni

Scrittore e giornalista italiano (n. Bologna 1947). Ha maturato attraverso la satira una sensibilità particolare per la comprensione della realtà contemporanea, sulla quale ha costruito storie che si distinguono per capacità affabulatoria. Tra le opere si ricordano racconti: Bar sport (1976), Il bar sotto il mare (1987), [...] La grammatica di Dio (2007) [...]; raccolte di versi: Prima o poi l'amore arriva (1981), [...] La traccia dell'angelo (2011); la graphic novel Fen il Fenomeno (2011), tratta da uno dei racconti pubblicati in Pane e tempesta e curata da B. in collaborazione con il disegnatore L. Ralli; [...] nel 2017, Prendiluna e Teatro 3, che ne raccoglie i testi teatrali. Nel 2012 lo scrittore ha debuttato nella regia teatrale con Le Beatrici, liberamente tratto dal suo testo e presentato al Festival di Spoleto, mentre l'anno successivo ha diretto e interpretato Il poeta e Mary, racconto per musica e parole sul valore sociale dell'arte.

Alessandro Baricco

Scrittore italiano (n. Torino 1958). Ha esordito come critico musicale sul quotidiano « la Repubblica», passando poi a «La Stampa» in veste di editorialista culturale e curando programmi radiofonici e televisivi di argomento musicale e letterario. Successivamente si è affermato come autore di romanzi (Castelli di rabbia, 1991; Oceano mare, 1993; Seta, 1996; City, 1999; Senza sangue, 2002; Questa storia, 2005; Emmaus, 2009) in grado di coniugare qualità letterarie e grande successo di pubblico, grazie a una scrittura estremamente incisiva ed evocativa. Ha pubblicato inoltre opere teatrali (Novecento, 1994; Omero, Iliade, 2004), sceneggiature (Partita spagnola, 2003, con L. Moisio), saggi (Il genio in fuga. Due saggi sul teatro musicale di Gioacchino Rossini, 1988; L'anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, 1992; Next. Piccolo libro sulla globalizzazione e sul mondo che verrà, 2002) e raccolte di articoli (Barnum. Cronache del Grande Show, 1995; Barnum 2. Altre cronache del Grande Show, 1998; [...]). Del 2008 è Mondi al limite (scritto con altri otto autori), raccolta di testimonianze dirette sulle realtà in cui opera l'organizzazione Medici senza frontiere; dello stesso anno è la sua prima esperienza di regista con Lezione ventuno, film di cui è anche autore

Andrea De Carlo

Scrittore italiano (n. Milano 1952). Ha esordito con Treno di panna (1981), un romanzo autobiografico ispirato alla sua giovanile esperienza negli Stati Uniti. Al successo di questo e dei romanzi successivi (Uccelli da gabbia e da voliera, 1982; [...] Due di due, 1989; [...] Nel momento, 1999; Mare delle verità, 2006), ha contribuito il ricorso a un linguaggio semplificatissimo, idealmente modellato su quello cinematografico. Più di recente ha pubblicato Durante (2008), Leielui (2010), Villa Metaphora (2012), Cuore primitivo (2014) e L'imperfetta meraviglia (2016). Nel cinema, De Carlo ha lavorato come sceneggiatore e regista (Treno di panna, 1988). Dal 2013 al 2014 ha fatto parte della giuria di Masterpiece, primo talent letterario, trasmesso dalla Rai.

Niccolò Ammaniti

Scrittore italiano (n. Roma 1966). Ha esordito nel genere pulp, diventandone uno dei maggiori esponenti grazie al romanzo Branchie (1994) e alla raccolta di racconti Fango (1996). Successivamente il suo stile ha raggiunto maggiore equilibrio con romanzi quali Ti prendo e ti porto via (1999), Io non ho paura (2001), da lui stesso trasposto nel film di G. Salvatores del 2003, e Come Dio comanda (2006, Premio Strega 2007), nei quali la realtà degradata della periferia urbana, lo scontro tra il mondo dei bambini e quello degli adulti e le contraddizioni di una società ideologicamente alla deriva sono resi con scrittura rapida e linguaggio crudamente aderente ai temi. La stessa lucidità senza scampo, coniugata qui a una pronunciata rivisitazione delle note pulp degli esordi, anima il successivo romanzo Che la festa cominci (2009), mentre il romanzo Io e te (2010) segna il ritorno ai temi dell'adolescenza e della complessità del processo di crescita. Nel 2012 è tornato ai racconti brevi con la raccolta Il momento è delicato, mentre è del 2014 la cura dell'antologia Figuracce, che raccoglie anche il racconto Marco Risi contro la Maga della Maglianella dello stesso A.; nel 2014 lo scrittore ha inoltre debuttato nella regia cinematografica con il documentario-reportage The good life, mentre è dell'anno successivo il romanzo Anna. Tra le sue altre opere occorre citare Nel nome del figlio (1995), saggio sull’adolescenza scritto in collaborazione con il padre Massimo (n. Roma 1941), docente di psicopatologia, e il radiodramma Anche il sole fa schifo (1997). Nel 2018 lo scrittore ha debuttato nella regia con la serie televisiva Il miracolo.

Andrea Camilleri

Scrittore italiano (n. Porto Empedocle, Agrigento, 1925). C. ha esordito nella narrativa con il romanzo Il corso delle cose (1978). Nel 1994 con La forma dell'acqua ha dato vita alla fortunata serie del commissario Montalbano, proseguita con numerosi romanzi e racconti.
Pur avendo cominciato giovanissimo a pubblicare poesie e racconti, per molti anni si è dedicato soprattutto al lavoro di regista e soltanto in età matura ha ripreso a scrivere, diventando un caso letterario grazie allo straordinario successo ottenuto dai suoi libri. Dopo i primi romanzi, che, in parte ispirati a episodi reali della storia siciliana, già rivelano uno spiccato gusto dell'intreccio e una decisa inclinazione ai registri del comico e del grottesco, C. nel 1994, con La forma dell'acqua, ha inaugurato una serie di romanzi e racconti incentrati su un personaggio fisso: il commissario di polizia Salvo Montalbano, che nella cittadina immaginaria (ma inconfondibilmente siciliana) di Vigàta deve sbrogliare numerosi casi di omicidio e malaffare, tanto animato da un sentimento di giustizia sostanziale quanto estraneo a preoccupazioni di carriera e semmai incline a procedure non sempre formalmente ineccepibili. [...]

Giancarlo De Cataldo

Scrittore e magistrato italiano (n. Taranto 1956). Giudice alla Corte d’Assise di Roma, è autore di numerosi libri perlopiù di genere giallo. È noto al pubblico soprattutto per Romanzo criminale (2002), dal quale sono stati tratti l’omonimo film diretto da M. Placido e la fortunata serie televisiva diretta da S. Sollima. Tra le altre pubblicazioni si ricordano Nero come il cuore (1989, il suo romanzo di esordio), Minima criminalia. Storie di carcerati e carcerieri (1992), [...] I traditori (2010). Curatore e prefatore di diverse antologie, collabora con varie testate tra cui «la Repubblica» e «l’Unità». Oltre a scrivere alcuni testi teatrali, ha collaborato alla sceneggiatura della fiction TV Paolo Borsellino (2004) e del film Noi credevamo (2010) di M. Martone. Nel 2011 ha pubblicato insieme ad A. Camilleri e a C. Lucarelli Giudici, del 2012 è Io sono il libanese, prequel di Romanzo criminale in cui vengono scandagliate le radici sociopolitiche della banda della Magliana nelle fasi di esordio della sua attività, mentre sono dell'anno successivo Cocaina, di cui è autore di uno dei tre racconti che lo compongono, gli altri due sono di G. Carofiglio e M. Carlotto, incentrati sul tema della droga nella società moderna, e Suburra, scritto insieme a C. Bonini, noir ambientato nella Capitale, dal quale è stato tratto l’omonimo film diretto da S. Sollima. [...]

Carlo Lucarelli

Scrittore italiano (n. Parma 1960). Autore di gialli e di noir, realizza nei suoi romanzi una felice commistione di generi, riservando una particolare attenzione alla ricostruzione storica e agli aspetti socioculturali. Ha pubblicato una trilogia poliziesca, ambientata in epoca fascista (Carta bianca ,1990; L’estate torbida, 1991; Via delle Oche, 1996) e varie serie narrative (Falange armata, 1993; [...] Almost blue, 1997; [...] Intrigo italiano, 2017). Tra le altre opere: Indagine non autorizzata (1993) e Guernica (1996), sullo sfondo della guerra civile spagnola. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo storico L'ottava vibrazione, sull'esperienza coloniale italiana in Eritrea, e Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste, cui nel 2010 hanno fatto seguito il saggio Il genio criminale. Storie di spie, ladri e truffatori e Acqua in bocca, noir a quattro mani nato dalla felice collaborazione con A. Camilleri. Tra le sue pubblicazioni successive: Giudici (con Camilleri e De Cataldo, 2011), una storia d'Italia in tre racconti esemplari sul difficile esercizio della giustizia; Sex crimes (con M. Picozzi, 2011), in cui vengono approfonditi alcuni recenti casi di cronaca nera; il romanzo Il sogno di volare (2013), thriller ambientato in una Bologna minacciata da un serial killer; [...] il romanzo Albergo Italia (2014), giallo storico ambientato nel periodo del colonialismo italiano; il romanzo-inchiesta PPP. Pasolini, un segreto italiano (2015), sugli ultimi giorni di Pasolini e sugli anni più violenti della nostra storia recente [...].

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